siccita’

Gestione acqua, occorre fare rete

Il cambiamento climatico in Trentino impone l’ottimizzazione dell’intera filiera: dalla raccolta alla distribuzione, fino ai consumi 


Ilaria Puccini


TRENTO. Con il cambiamento climatico, negli ultimi anni anche il Trentino fa sempre più i conti con la diminuzione e il cambiamento della natura delle risorse idriche. Razionamenti e ricorso ad autobotti, soprattutto nell'ultimo anno, sono stati avvenimenti frequenti anche sul nostro territorio. L'uso ottimale dell' "oro blu" passa dunque su più fronti: dall'approvvigionamento, alla distribuzione, al consumo. «Il 2023 sarà un anno anche più impegnativo del 2022. Ma sarà anche l'occasione per testare il nostro operato sin qui e ripensare la gestione dell'acqua sempre più in un'ottica di resilienza».

È quanto afferma Matteo Frisinghelli, Direttore Operativo del Servizio Idrico di Novareti, società che gestisce la rete di acquedotti e fognature a Trento, Rovereto, Aldeno, Volano, Calliano, Nomi, Isera, Mori e Ala, su un complesso di tubazioni di oltre 1500 chilometri. Gli acquedotti trentini presentano una struttura particolarmente complessa: «A seconda della conformazione del territorio e della presenza o meno di riserve - sorgenti e pozzi - possono assumere caratteristiche anche molto diverse: dalla lunghezza delle tubazioni alla loro conformazione, dai materiali impiegati alla loro sensibilità. È compito di un gestore idrico adattarsi a queste particolarità, e anche uno dei compiti più interessanti del nostro lavoro» spiega Frisinghelli.

La manutenzione è un processo che richiede un monitoraggio continuo, lungo tutto il corso dell'anno, anche per prevenire l'annoso problema della dispersione idrica degli impianti (che in Italia e in Trentino segna valori medi rispettivamente del 40% e del 32%). Tuttavia l'obiettivo da raggiungere non è un numero preciso quanto più una politica di intervento costante e non emergenziale, sottolinea Frisinghelli: «Per minimizzare questo rischio, si può intervenire sul riammodernamento delle strutture, dividere la rete in distretti per garantirne un controllo più capillare da parte degli operatori, e regolare la pressione tramite il controllo da remoto. Un acquedotto è come un organismo, laddove è più alta la pressione, la perdita sarà maggiore».

Sulle gestioni più consolidate, aggiunge il direttore, la messa in campo di queste misure ha permesso di abbattere la dispersione idrica al 15%, soglia non lontana dal livello fisiologico. Con il rischio di prosciugamento delle sorgenti, una delle sfide più impellenti è collegare le frazioni collinari dei territori con il fondovalle, meno esposto ai rischi della siccità. «Negli ultimi 10-15 anni ci siamo dedicati sia alla realizzazione di nuovi serbatoi di contenimento, sia alla costruzione di impianti di pompaggio, alimentati con l'ausilio di energia fotovoltaica. Puntiamo molto anche sull'automazione, con l'ausilio di sensori che lavorano in tempo reale, processando informazioni che ci permettono di avere in tempo reale dei dati in maniera aggregata e funzionale agli interventi da effettuare» spiega Frisinghelli.

Molto, però, dipenderà anche dall'uso consapevole dell'acqua da parte della cittadinanza e dalla cooperazione dei comuni in ottica di resilienza: «La gestione degli acquedotti deve e dovrà essere sovracomunale - conclude Frisinghelli - non si può immaginare che in futuro ogni centro abitato tenga per sé le risorse. Creare resilienza vuol dire poter attingere da molteplici fonti, e aiutarsi a vicenda nei momenti di difficoltà».









Scuola & Ricerca



In primo piano