«L’anima delle iene dietro alle maschere di pecore innocenti» 

Festival Oriente Occidente. Ultima giornata della 40esima edizione della manifestazione  Chiude “Hyenas - forme di minotauri contemporanei” della Compagnia Abbondanza Bertoni «Mettiamo in scena il gregge globalizzato, animato dall’individualità, dalla non condivisione»


Katja Casagranda


Trento. Si conclude oggi il Festival Oriente Occidente 2020 che ha regalato per il suo quarantennale una carrellata di spettacoli capaci di riempire strade, piazze, luoghi espositivi e suggestivi ma anche i teatri di Rovereto della miglior danza internazionale. Anche per questa ultima giornata il festival snocciola un fitto calendario di eventi da non asciarsi sfuggire. Doppio appuntamento con la scrittura coreografica di Merce Cunningham a cui va il tributo della Merce Cunningham Trust che replica in serata al Teatro Zandonai, ore 20.30, il Cunningham Centennial Solos: Oriente Occidente Dance Festival. Ma non solo, infatti i danzatori saranno già impegnati nella mattinata con due site specific realizzate nel giardino dell’Ostello di Rovereto, ore 11.30 e poi 12.30. Doppio incontro anche quello proposto per la sezione Linguaggi con Barbara Serra, giornalista televisiva che al mattino, ore 11 in Sala Conferenze del Mart presenzia alla visione del docufilm Fascism in the Family per poi invece interloquire con il pubblico alle ore 18 in sala Filarmonica su L’Europa della Pandemia: quale equilibrio, quale futuro?. Nuova replica nelle sale del Mart per Over The Rainbow di Matteo Levaggi mentre il Peep Show viene salutato con la performance di Valentina dal Mas, I miei Fragili amici, in tre repliche ore 17, 18 e poi ore 19 in piazza del Mart. Infine debutto regionale per Hyenas- forme di minotauri contemporanei, la nuova creazione della Compagnia Abbondanza Bertoni. Lo spettacolo chiude il festival con la messa in scena a Teatro alla Cartiera, ore 22. A parlarne lo stesso Michele Abbondanza che con Antonella Bertoni ne firma la coreografia.

Un debutto regionale per questo nuovo lavoro, qual è l’emozione?

Siamo molto contenti del successo che lo spettacolo ha ottenuto nelle prime tre repliche appene concluse per questo spettacolo appena nato. Dopo questo girovagare a La Spezia, Cuneo e Rovigo ora si arriva a “casa” dove ci aspetta il pubblico, quello affezionato ma che proprio per questo può risultare quello più difficile. Questo ultimo lavoro si scrive su una creatività diversa e quindi sarà suscitare curiosità, stupirà sicuramente per l’impatto. Per la prima volta pur fedeli alla nostra firma stilistica poetica e lirica, attenti alla creatività, siamo partiti da una struttura di lavorazione legata ad una narrazione ma su uno schema ripetitivo veicolato dall’uso della maschera. Ci è piaciuto questo fatto di avere le maschere sul palco ma anche in platea a causa di questo particolare momento che stiamo vivendo.

C’è stata un’ispirazione contingente appunto con ciò che stiamo vivendo?

La maschera si lega ed è ispirata al Dio Pan. Che per assonanza ricorda pandemia, ma che ha lo zoccolo caprino, e il titolo Hyenas che si lega alla iena, quell’animale che si ciba della carne cacciata da altri. In scena esseri umani travestiti da pecore con anima di iena. Il lavoro sulle maschere è iniziato due anni fa e evoca il lavoro del cineasta David Lynch, che grazie al bando dell’Orchestra Haydn ci ha ispirato “Clown Time” lavoro in cui abbiamo portato in scena per la prima volta tre maschere. Di lì c’è stato tutto un percorso.

Maschera come metafora?

La maschera nasconde le emozioni e il corpo però scatta la fantasia e la capacità di fermare l’attenzione su altro. Hyenas si ispira a questo concetto e porta in scena mascheramenti ma anche smascheramenti evocando quadri generazionali anche legati al mondo giovanile.

In che senso?

La possibilità di vari modi di essere e quindi quello legato al gregge più globalizzante, però con un forte legame tribale evidenziato dall’uso di tatuaggi o pearcing per esempio, fino a farci giungere sul palco all’archetipo e il mito del Minotauro ed Arianna che con il suo filo dipana la matassa. E poi dall’altro lato abbiamo invece il ghigno violento ed egocentrico della iena. Da una parte il gregge dall’altra l’individualità ma con una carica di violenza in cui la metafora è la non condivisione con l’altro. Due facce della stessa medaglia in cui ognuno può trovare in se la sua parte iena e pecora.

Non è una visione un po’ pessimista?

C’è lo spazio per l’eroe buono ma l’arte ha il compito anche ingrato di incentivare a trovare soluzioni. L’arte vera mostra le malattie del contemporaneo, mentre è compito dell’intrattenimento quello buonista e illusorio che ha sicuramente più successo del far credere che tutto va bene. L’arte ha il dovere di richiamare il pubblico pur identificandosi nella bellezza con una funzione di crescita e non di passività. Come ho detto nell’incontro a Rovigo a noi spetta la responsabilità di far vedere il buio ma solo vedendo il buio si può trovare la parte luminosa che c’è in tutti noi.

Cosa vorreste che il pubblico si portasse a casa?

La bellezza che è la ricerca che con Antonella facciamo da sempre. Lo spettacolo non è facile, sono 60 minuti intenso anche a tratti duri. Il ostro lavoro è quello di far vedere una cosa creata dal nulla, che prima non è mai esistita, aprire sentieri non ancora percorsi. Credo che questo lavoro possa stupire perché si discosta da ciò che abbiamo fatto fino ad ora e anche le limitazioni imposte dal post quarantena sono state uno stimolo per creare qualcosa di nuovo che non ci appartiene di istinto. Abbracci e prese, corpi aggrovigliati sono una nostra firma che qui non ci sono come la spontaneità. Il lavoro è pensato e ragionato a priori e quindi è anomale e costruito su una circolarità coreografica che per certi versi ricorda il maestro Akira Kurosawa nel film in cui racconta la stessa storia con tre angolazioni differenti che paiono raccontare tre storie differenti. Ecco la maschera mente allo stesso modo fra mascheramenti e smascheramenti, un po’ come l’attore che mente sapendo di mentire ma per essere credibile deve trovare la sua verità nella parte che sta recitando.













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