Alan Jones celebra Raffaelli e i suoi pupilli americani 

È uscito “9NEWYORK” dedicato agli artisti trascinati a Trento dallo Studio d’Arte In cattedra Baechler, Bleckner, Bowes, Brown, Cutrone, Salle, Schyff, Tafee e Winters


di Fiorenzo Degasperi


TRENTO. Un giorno il mondo dell’arte e della cultura regionale dovrà interrogarsi sul ruolo svolto in questi ultimi trent’anni dalle gallerie private e raccontare della loro nascita, esplosione e talvolta, con rammarico, della loro morte. Un ruolo fondamentale di propulsione, organizzazione e pubblicizzazione non soltanto di artisti locali – con una sapiente politica calmieratrice tra dilettantismo e professionalità – ma soprattutto di “promotion” di artisti, eventi e situazioni europei ed internazionali. Basta scorrere il recente libro pubblicato dallo Studio d’Arte Raffaelli di Trento – presentato all’Arte Fiera di Bologna al cospetto di un folto e attento pubblico di critici, artisti e galleristi – per capire qual è stato il contributo di una delle più importanti gallerie d’arte europee nello svecchiare, stimolare e spronare l’ambiente culturale regionale. Già il titolo è un programma estetico: 9NEWYORK, ovvero 9 artisti newyorchesi che il gallerista Giordano Raffaelli ha trascinato in quel di Trento, allestendo personali e collettive, eventi contaminanti e kermesse trasversali. Non che il gallerista giramondo abbia snobbato altre situazioni artistiche: ricordiamo che è grazie a lui se l’Europa ha conosciuto, quasi trent’anni fa, i migliori artisti africani, da Cheri Samba a Bester a Nkumanda. Questa volta ha focalizzato i “suoi” artisti americani, quelli che hanno fatto, in questi ultimi vent’anni, la cronaca e la storia dell’arte nella fantasmagorica città pluriculturale di New York: Baechler, Bleckner, Bowes, Brown, Cutrone, Salle, Schyff, Taaffe e Winters, ovvero dall’astratto alla figurazione all’optical, dal collage all’olio all’assemblaggio, dai viaggi nel mondo onirico a quello nell’esplosivo territorio dei fumetti e della pubblicità. Tutto questo viene raccontato, con piglio narrativo, dal critico Alan Jones, assai noto negli Stati Uniti ma di casa anche a Trento. Un personaggio Alan Jones, critico e storico che, quando racconta, ti affascina, ti trascina dentro un mondo a stelle e strisce fatto di factory, studi, atelier, salotti, loft, gallerie private e pubbliche, del caleidoscopio spettacolare delle street e delle avenue, dei quartieri “in” e di quelli in odor di marginalità e disperazione. Ma Alan Jones è anche colui che sgrana gli occhi ogni volta che entra nel cinquecentesco Palazzo Wolkenstein, sede dello Studio d’Arte Raffaelli, e rimane incantato dagli affreschi che illuminano il soffitto e dagli echi delle sonorità uscite dalla mente di Mozart che qui ha tenuto uno dei suoi concerti. Oltre 200 pagine, innumerevoli foto a colori (compresi i ritratti degli artisti in bianco e nero), italiano e inglese, questo libro ci permette di capire il clima newyorchese dagli anni ’80 ad oggi, un clima profondamente contaminato dalle esperienze europee, rielaborate e risputate fuori da artisti che hanno fatto di Trento una tappa irrinunciabile. E cosa sarebbero certi artisti regionali senza il confronto con queste esperienze d’oltremare? È vero che noi del vecchio continente non riusciamo a volare liberi come fanno questi artisti americani. Loro non devono fare i conti con la memoria storica, con le zavorre del passato che talvolta ti legano a terra, non ti fanno spiccare il salto verso l’infinito. Con un pubblico, quello italiano, per lo più abituato alle letture stereotipate dell’arte, anche di quella d’avanguardia o di quella germogliata lungo le strade americane, nelle piazze, negli enormi ipermercati, nelle oscure underground metropolitane. Talvolta lo spettatore non riesce a comprendere un’arte nata sulle note di Thelonious Monk, di Chet Baker e di Ornette. Alan Jones ci aiuta a capire questo mondo, si fa sciamano per condurci per mano, di ramo in ramo, verso l’empireo frastornante di una multicolore carrozza metropolitana appena estratta da un calderone cromatico.















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