nave san felice

«Ricca per l’Itea ma non posso  pagare un affitto»

Con 1.100 euro di stipendio Sandra Barcolla non ha diritto all’alloggio pubblico. Ma è tagliata fuori dal mercato


Daniele Peretti


NAVE SAN FELICE. Non sempre le “Storie di Donne” possono essere allegre ed indurre all’ottimismo. Purtroppo, ma è la realtà della vita, ci sono anche quelle tristi. La storia che raccontiamo oggi è quella di Sandra Barcolla, 63 anni, che dopo una vita sfortunata solo nella sua ultima parte, si ritrova costretta ad abbandonare il suo appartamento a Nave San Felice sfrattata «perché c’è gente che ne ha più bisogno». La sua storia è anche figlia dei tempi in un Trentino nel quale gli appartamenti in affitto sono merce sempre più rara ed hanno prezzi non proporzionati agli stipendi correnti. Sandra Barcolla fa parte di quella nuova categoria di “lavoratori poveri” che hanno un lavoro ed un reddito, ma non sufficiente per avere anche delle certezze.

Sandra ci racconti.

Vivo in un alloggio del Comune di Lavis nel quale sono entrata nel febbraio dello scorso, a gennaio mi hanno dato una proroga, ma per il 31 marzo ho lo sfratto.

Il motivo?

Che non possono più darmi proroghe e che ci sono persone che hanno più bisogno di me.

Ma perché è arrivata ad aver bisogno di un alloggio del Comune?

Convivevo in un appartamento Itea, ma dopo un episodio di violenza domestica, che non era stato il primo, ho chiamato i Carabinieri e mi hanno fatto allontanare da casa sulla quale, essendo intestata al mio compagno, non avevo nessun diritto. Mi hanno portato alla Casa della Giovane, una realtà nella quale è impossibile vivere. Ne sono uscita e per un periodo ho fatto la badante da una signora che mi ospitava. Poi ho trovato lavoro tramite una Cooperativa alla Casa di Riposo di Lavis ed è per questo che ho cercato casa.

Adesso ha un contratto a tempo indeterminato?

Sì da gennaio. Lo stipendio mediamente è di 1100 euro al mese. Non dico che non posso pagarmi un affitto, ma non certo di 800-900 euro come sono le richieste attuali per una locazione. Aggiungiamo le spese fisse e cosa mi rimane per poter vivere in qualche modo?

Si è attivata nella ricerca?

Certamente non voglio mica finire sotto un ponte, ma quel poco che si trova ha costi troppo alti per il mio stipendio. Ho chiesto in parrocchia, ho interessato un’agenzia immobiliare che tratta solo affitti, ma nulla.

Ha fatto domanda all’Itea?

Si, ma anche qui c’è un problema. Un paio di anni fa mia mamma è morta e mi ha lasciato in eredità 30mila euro, che avevo depositato sul mio conto corrente. Una mattina la banca mi telefona per dirmi che il conto è bloccato. Avevo fatto da garante per un prestito al mio ex compagno, che non lo ha più pagato, e così si sono rivalsi su di me e mi hanno portato via tutto: con quei soldi sono riuscita solo a comprarmi una lavatrice ed un divano. Ma per Itea quell’eredità è come se l’avessi avuta e quindi non rientro nei parametri.

Prima di questo periodo nero cosa faceva?

Ho sempre lavorato come cameriera poi ho cominciato ad avere problemi al braccio ed alla mano e dopo sei operazioni ho parzialmente perso l’uso del braccio e non posso più lavorare.

Le è stata riconosciuta una percentuale di invalidità?

Si, ma minima perché si tratta del braccio sinistro e quello destro, fortunatamente, è in ottime condizioni.

Adesso cosa pensa di fare?

Cosa vuole che faccia non posso certo andare a vivere sotto un ponte. L’appartamento di Nave San Felice non lo lascio volontariamente fino a quando non trovo una soluzione. Oltretutto non ho la patente, lavoro dalle 8 alle 16,30 e per muovermi non posso che usare i mezzi pubblici e quindi non mi posso allontanare più di tanto da Lavis. Posso dire altre due cose?

Dica.

Quando sono entrata, l’appartamento era in condizioni indecenti, tant’è che il Comune mi ha fatto fare i lavori in cambio di una mensilità non richiesta. Ho comprato l’indispensabile e se lascio l’appartamento, dove lo metto? Mi parlano dei termini massimi per restare nell’appartamento: come mai nella palazzina ci sono altri due appartamenti dove una famiglia ci vive da 6 anni e una da 8?

Non è che a creare il problema siano quei 1100 euro medi mensili?

Lo possono essere per un alloggio d’emergenza, per il quale pago 117 euro onnicomprensivi ma per il quale però avevo tutti i requisiti, ma se il mio stipendio non mi permette di pagare un affitto come richiesto dal mercato è colpa mia? Cosa dovrei fare? Licenziarmi per poter tornare ad avere diritto ad una casa? Mi hanno consigliato di trovare qualcuno col quale andare a convivere, ma a 63 anni? Quando arrivo a casa non sto nemmeno in piedi, ho bisogno di riposarmi, lo si può fare con estraneo in appartamento?

Però potrebbe essere una possibilità da valutare.

Vero, però prima bisognerebbe trovare l’appartamento, che non c’è, poi se lo trovo lo dovrei fermare e non ho i soldi per la caparra, quindi iniziare a pagare l’affitto e poi sperare di trovare una coinquilina. Se non la trovo cosa succede? Che mi sfrattano per morosità e sono punto e a capo.

Sandra non è certo l’unico caso di “lavoratori poveri”, una nuova categoria sociale che non è disoccupata, ma pur percependo stipendi insufficienti per poter vivere, di fatto non ha diritti. C’è chi percepisce anche la metà dello stipendio di Sandra, ma nessuno di questi “fa statistica” perché sono titolari di paghe comunque regolari.

 













Scuola & Ricerca

In primo piano