donne e impresa

Claudia Gasperetti: "La nostra azienda sarà lasciata ai dipendenti"

Dal 1983 è in società con il marito in Elettronord: "Ho l'età per diminuire gli impegni. Nostro figlio non subentrerà, per questo abbiamo individuato chi tra i nostri collaboratori potrà prendere in mano l'attività"


Daniele Peretti


TRENTO. Claudia Gasperetti da 40 anni iscritta all’associazione Artigiani e dal 2007 a fianco dell’imprenditoria femminile ed è l’attuale presidente del Comitato per l’Imprenditoria Femminile.

Qual è il dato più particolare che emerge dal settore produttivo femminile?

Direi le ultrasettantenni che ancora lavorano sia perché a livello artigianale manca il ricambio generazionale, sia perché le pensioni sono spesso troppo basse per garantire un’esistenza decente.

Non sono uguali gli assegni pensionistici tra uomini e donne?

Purtroppo no, c’è un gap che può arrivare anche al 50% perché le donne hanno più buchi nei versamenti. Pensiamo alla gravidanza, alle malattie proprie o di parenti che costringono ad una sospensione temporanea delle attività, situazioni che penalizzano decisamente le donne.

Un dato che invece l’ha sorpresa?

Le imprenditrici trentine che nel periodo della pandemia si sono innovate per l’ 80% pur operando in settori che hanno subito chiusure anche prolungate, aumento dei costi ed affitti pagati a vuoto. Pur di non chiudere hanno trovato vie alternative come l’utilizzo dei social, il mondo web in generale, ma anche l'è-commerce. Le faccio un esempio?

Sì, certo!

Ho conosciuto una sarta trentina che ha fatto un vestito da sposa per una ragazza di Roma senza mai incontrarsi di persona. Ma ci sono state video telefonate e l’uso frequente dei corrieri pur di arrivare al momento della consegna.

Tanta caparbietà da cosa può essere data?

Secondo me dalle maggiori difficoltà che hanno nell’aprire le proprie attività. Prendiamo ad esempio il comparto bancario dove sono pochissimi gli studi di genere, l’imprenditrice trova scarsa considerazione perché si pensa che abbia una scarsa educazione finanziaria. Raramente una donna ha proprietà e quindi si chiede la firma di un garante e senza mezzi termini si chiede che sia uomo; fa lo stesso che sia il padre o il fratello o il marito, ma si preferisce una garanzia al maschile.

Facciamo un quadro dell’imprenditoria femminile trentina?

Abbiamo la percentuale di imprese più bassa d’Italia: 18,5% pari a 9500 imprese, contro il dato nazionale che è del 22,2%. L’indotto occupazionale che le imprese femminili generano va dai tre ai quattro dipendenti per azienda. Mentre il settore più rosa è quello dell’agricoltura con 2000 aziende , seguito dal commercio con 1700 e dal comparto turistico con 1400.

Una particolarità?

Senz’altro quella che vede le imprese femminili come settore più avanzato nella transizione ecologica. Un adeguamento che spesso viene fatto a spese proprie. Ed anche questo è un dato che conferma come le donne credano nelle proprie imprese e come facciano di tutto per mantenerle ai massimi livelli.

Lei stessa è imprenditrice?

Certo, dal 1983 sono entrata in società con mio marito in Elettronord, azienda della quale ho sempre seguito la parte amministrativa. Vado fiera del fatto che nel 1983 sono riuscita a meccanizzarla ed eravamo una delle poche realtà private che a Trento utilizzavano i computer.

Come è nata la sua competenza informatica?

Prima di tutto grazie al liceo scientifico Galileo Galilei che mi aveva aperto un’ampia prospettiva, poi la laurea in Fisica e quando si è cominciato a parlare di software non ci ho pensato due volte e mi sono buttata: tre da analista informatica prima di entrare nella mia azienda, ma non mi sono fermata qua.

Cioè?

Nel 2010 ho fondato la Caelum Costruzioni che realizza costruzioni eco sostenibili. Adesso però sono impegnata nel passaggio di gestione.

Molla tutto?

Penso di avere l’età giusta per cominciare a diminuire gli impegni. Mio marito andrà ancora avanti, ma tra qualche anno si ritirerà e per allora dovremo essere riusciti a consolidare le nostre attività per lasciarle in salute ai nostri dipendenti.

Anche voi alle prese col ricambio generazionale?

In un certo qual modo si. Nostro figlio è ingegnere, ma gli piace insegnare ai bambini con attività all’aria aperta e non subentrerà nelle attività di famiglia. Per questo abbiamo individuato chi tra i nostri dipendenti potrà prendere in mano le aziende.

Non è facile immaginarla ferma.

Ma infatti non sarà così, ci sono ancora tante cose da fare. Nel frattempo come Comitato stiamo portando avanti un progetto che ha avuto una storia decisamente sfortunata.

Racconti.

A partire dal 2020 avevamo iniziato un percorso nelle scuole che si chiamava “L’impresa di mettersi in proprio”. Un lavoro molto interessante dal quale ne è nato un libro e dalle fotografie a corredo anche una mostra. A Palazzo Roccabruna è rimasta aperta poco più di un mese e poi chiusa a causa della pandemia. Peccato perché era molto frequentata. Adesso l’abbiamo ripresa trasformandola in itinerante e l’abbiamo portata in vari complessi scolastici della Provincia: Primiero, Pergine e Piana Rotaliana; a settembre sarà esposta all’Istituto degli Usi e Costumi di San Michele. L’obiettivo è quello di contrastare gli stereotipi di genere nel mondo del lavoro.

Non saranno di certo mancate le soddisfazioni?

Ne ho avute tante a partire dal vedere crescere in modo esponenziale la realtà imprenditoriale femminile, ma voglio citare quella più recente. Avevo proposto alla nostra rappresentanza nazionale una raccolta fondi promossa dai comitati regionali da devolvere alle imprenditrici alluvionate dell’Emilia Romagna. La mia idea è stata approvata e la raccolta fondi partirà a breve. Anche questo vuol dire fare rete e sostenerci a vicenda.

 













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