Sei trentini nella zona rossa di Schwazer

Anche una podista e cinque tra cicliste e ciclisti della nostra provincia tra gli atleti sottoposti all’attenzione del Coni


di Maurizio Di Giangiacomo


TRENTO. È di ieri l’ultimo colpo di scena del caso Schwazer, lo scandalo scoppiato in seguito alla positività all’epo che è costata al campione olimpico della 50 km di marcia di Pechino 2008 tre anni e mezzo di squalifica, con tecnici e medici sotto inchiesta a Bolzano con l’ipotesi di favoreggiamento. Vale a dire la scoperta che nel gruppo degli Atleti Registrati all’antidoping (RTP), documento peraltro ancora presente sul sito del Coni, il nome dello stesso Schwazer ed a quello di diversi altri azzurri e/o azzurrabili erano stati inseriti al titolo “1.e”, che altro non indicava se non il fatto che l’atleta fosse un soggetto a rischio, o perlomeno più a rischio degli altri, inseriti al titolo “1.a” (presenti nel Club Olimpico), “1.b” (presenti nell’analogo RTP delle federazioni internazionali) e “1.d” (partecipanti agli ultimi Mondiali ed Europei).

Insomma, quella “e” non preludeva ad un concreto sospetto di doping, ma doveva costituire una sorta di preallarme. Questo perlomeno in base alle dichiarazioni di Giuseppe Fischetto, uno dei medici indagati dalla Procura di Bolzano, intenzionato a dimostrare di non aver favorito Schwazer nell’assunzione di sostanze vietate e anzi di avere segnalato al Coni l’atleta. E assieme a lui tanti altri, tra i quali anche sei trentini: si tratta di una podista e cinque tra ciclisti e cicliste appunto iscritti nell’RTP 2012 del Comitato olimpico nazionale al titolo “1.e”. Ancora una volta sottolineiamo come il titolo non indicherebbe una positività o concreti sospetti sull’uso da parte degli atleti di sostanze dopanti, quanto più genericamente un allarme indirizzato dalle federazioni di appartenenza al Coni affinché lo stesso esercitasse nei confronti degli stessi maggiori controlli.

@mauridigiangiac

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