“Pina” il predestinato da Tassullo a Kiev  in Champions League

Trento. Duemilasei chilometri e qualche centinaio di metri. Chissà cosa è passato per la testa di Andrea Pinamonti martedì scorso, quando, a pochi minuti dalla fine della sfida di Champions League...



Trento. Duemilasei chilometri e qualche centinaio di metri. Chissà cosa è passato per la testa di Andrea Pinamonti martedì scorso, quando, a pochi minuti dalla fine della sfida di Champions League tra Shakhtar Donetsk e Inter (finita 0-0) quando Antonio Conte gli ha detto “entri tu”. Ne siamo quasi certi: per un paio di secondi almeno l’attaccante trentino ha rivolto un pensierino al suo paesino, Tassullo, distante più di 2mila chilometri da Kiev, al quale non fa rientro ormai da Ferragosto.

E poi via nella freddissima notte ucraina per fare il proprio esordio nella massima competizione continentale, ennesimo traguardo raggiunto da un ragazzo partito dalla valle di Non in direzione Milano con in testa un sogno che ha saputo trasformare in realtà. Che Andrea fosse un predestinato erano in tanti a pensarlo, sin da quando, nei Primi Calci e nei Pulcini, con indosso la maglia della Bassa Anaunia, quel “biondino”, di Tassullo giocava contro i bambini più grandi e segnava valanghe di reti. Certo, il fisico aiutava eccome, ma il gol era già entrato nel suo Dna. Papà Massimo e mamma Monica lo iscrivono ad una scuola calcio estiva e il compianto Roberto Vicenzi, allenatore e talent scout, capisce che Andrea non è come tutti gli altri. Scattano i provini e lui, che i colori nerazzurri li ama da quando è nato perché a casa Pinamonti sono tutti interisti, al primo test impiega pochissimo a convincere il responsabile dell’attività di base Giuliano Rusca e l’osservatore Bruno Casiraghi, che non gli fanno nemmeno terminare la partitella dove Andrea continua a segnare.

“El bimbo de oro”

A Milano, però, lo sbarco non può essere immediato, perché il regolamento impedisce il tesseramento per una società professionistica prima del compimento del 14esimo anno d’età se residente in altra provincia, salvo che i territori siano confinanti.

L’Inter deve trovare una soluzione per non perdere “el bimbo de oro” e pensa al Chievo Verona, realtà con la quale i rapporti sono ottimi: Andrea passa in gialloblù e, per sei anni, fa i salti mortali per gestire scuola e pallone con incredibile maturità e il supporto costante della famiglia.

Nel tragitto dall’istituto scolastico al punto di raccolta del pulmino che lo porta a Verona al campo consuma il pranzo, poi il viaggio in Veneto, l’allenamento e il ritorno a casa. Dove lo aspettano i compiti e, molto spesso, anche una seconda seduta individuale nel giardino di casa o calciando contro un muro, perché con il pallone ci va anche a dormire.

A 14 anni il trasferimento a Milano, finalmente, si concretizza e il ragazzo di Tassullo ci mette pochissimo ad ambientarsi: è in età da Giovanissimo ma gioca e segna con gli Allievi, è in età da Allievi, ma gioca e segna con la “Primavera”. Nell’estate 2016 viene aggregato alla prima squadra per il ritiro estivo e, qualche mese dopo, esattamente l’8 dicembre fa il proprio esordio in Europa League nella gara contro lo Sparta Praga. Due mesi più tardi arriva anche la “prima” in campionato contro l’Empoli e a fine stagione è decisivo nel successo dei nerazzurri nel campionato “Primavera” con una rete nella finale contro la Fiorentina.

Il 19 maggio 2017 diventa maggiorenne e firma il primo contratto da “pro” e, dopo un’annata con 2 presenze in serie A e il posto da titolare nella “Primavera”, con cui prende parte anche alla Youth League, l’Inter e il suo agente, il potentissimo Mino Raiola, decidono che è il momento che “Pina” giochi con continuità nella massima serie.

Stagione più che positiva

Passa allora in prestito al Frosinone, neopromosso in serie A e la sua stagione, nonostante i ciociari retrocedano, è da considerarsi più che positiva, visto che le presenze saranno complessivamente una trentina, condite da 5 reti in campionato e 2 in Coppa Italia.

Torna all’Inter, ma quasi subito si trasferisce al Genoa, che per lui investe una cifra importante, visto che il passaggio è sì a titolo temporaneo ma con l’obbligo del riscatto a 18 milioni più bonus. L’annata all’ombra della Lanterna lo vede protagonista, nonostante un infortunio che lo costringe ai box per alcune settimane: i rossoblù centrano la salvezza e il centravanti noneso realizza ancora 5 gol in serie A e 2 in Coppa Italia.

In estate in tanti lo vogliono: il Parma, il Torino e pure il Sassuolo ci fa un pensierino, ma la dirigenza nerazzurra decide di riportarlo a casa, investendo subito 8 milioni di euro più 12 legati ai bonus.

Davanti a lui ci sono Lukaku, il miglior numero nove del mondo al momento, Martinez e Sanchez, ma il “Pina” lavora sodo, si fa apprezzare e, complici gli infortuni, diventa la terza punta dello scacchiere di Conte. Pochi giorni fa arriva l’esordio in Champions League nella sfida contro lo Shatktar Donetsk e sabato viene gettato nella mischia con l’Inter sotto di una rete contro il Parma. Fa a sportellate, non perde un pallone che sia uno e si guadagna la punizione da cui nasce la rete del 2 a 2 di Perisic. I tifosi nerazzurri lo amano, perché è un generoso e un nerazzurro doc e, infatti, il giorno dopo la partita, il 65% dei supporters della Benamata, interrogati da un sondaggio sulla rete, dice che a fianco del “Toro” avrebbe dovuto esserci Pinamonti sin dal primo minuto.

E adesso? Dietro l’angolo ci sono due sogni, ovvero il primo gol in maglia nerazzurra e giocare nella sfida di Champions League contro il Real Madrid.

La squadra del cuore

Un sogno? «Un grande sogno lo ha già realizzato - racconta papà Massimo - quello di giocare nella squadra del suo cuore. Un ricordo “al volo”? Beh, la finale del torneo dedicato alla memoria di Stefano Borgonovo: Andrea aveva otto anni, non era ancora tesserato per l’Inter, ma nei tornei era consentito e in finale c’era il derby contro il Milan. La partita finì 2 a 0 e lui segnò entrambi i gol. È cresciuto, ma il suo entusiasmo è rimasto lo stesso, di tredici anni fa».

Oggi, in allenamento, calcia le punizioni con le sagome e in porta c’è Handanovic, da piccolo la barriera era formata da cassette “de pomi”.

«Voleva arrivare - ci aveva raccontato Bruno Tommasini, il suo primo allenatore alla Bassa Anaunia - si allenava in continuazione. Un giorno lo trovai da solo che calciava il pallone contro il muro e gli chiesi cosa stesse facendo. La risposta fu semplice: abito qui vicino e mi sto allenando».

Ah, in tutto questo: il “Pina” ha solo 21 anni. Per la serie: to be continued…













Scuola & Ricerca

In primo piano