Basket Serie A

Lighty, menisco rotto: l'Aquila torna sul mercato

Perfezionato il ritorno di Sutton, serve un altro giocatore. Il sogno (proibito?) è Tony Mitchell


di Maurizio Di Giangiacomo


TRENTO. Un’altra tegola si abbatte sul capo dell’Aquila Basket. Ad Avellino David Lighty ha subito una lesione del menisco del ginocchio destro, forse già martedì sarà sottoposto ad un intervento in artroscopia e ne avrà per almeno quattro settimane. Quindi Salvatore Trainotti – che dovrebbe aver perfezionato l’operazione che vedrà l’altro americano Dominique Sutton tornare a vestire la canotta della Dolomiti Energia al posto del centro “rescisso” Johndre Jefferson – dovrà tornare sul mercato. Il tutto all’indomani di una sconfitta amara ma che – paradossalmente – ha infuso ottimismo nell’ambiente aquilotto come quella del Pala Del Mauro.

«Con Lighty fermo quattro settimane dovremo ingaggiare un nuovo giocatore», conferma il general manager bianconero, che smentisce però di aver pensato a sostituire l’ala americana – costoso “primo violino” del quintetto bianconero non proprio in grande spolvero in questa prima metà della stagione – già nelle scorse settimane.

«Ad Avellino la squadra non mi è dispiaciuta, contro una formazione di lunghi “importanti” abbiamo sofferto, ma ci abbiamo anche “guadagnato” – prosegue Trainotti – Ci sono momenti nei quali non concretizziamo, in questa situazione bisogna valutare se andare avanti così o aggiungere qualcosa».

Servirebbe... un Tony Mitchell: un suo possibile ritorno è il sogno (proibito?) di tanti tifosi bianconeri. «Certo – ammette Trainotti – un realizzatore come Mitchell, un giocatore al quale dare il pallone quando non si trovano sbocchi ci farebbe comodo. Tony è in Israele, ma non l’ho sentito, ve lo assicuro. Teoricamente è un’operazione che potremmo anche permetterci, ma inserire un giocatore come Mitchell in equilibri di squadra che abbiamo appena definito non sarebbe una cosa facile».

La prova più deludente, ad Avellino, è stata quella di Beto Gomes. Trainotti difende il portoghese. «Sta passando l’idea che si tratti di un giocatore molle, invece è bravo e serio, è chiaramente in difficoltà psicologica, ma gode dell’appoggio della società e di quello dei suoi compagni di squadra. Ripeto, a noi manca la capacità di concretizzare: o prendi qualcun altro, o lavori su prestazioni come quella di domenica ad Avellino, dove abbiamo iniziato a raccogliere i frutti del lavoro di quest’estate con Baldi Rossi e Moraschini. Non voglio che sia una scusa, ma comunque ci mancava un giocatore».

Insomma, la società di piazzetta Lunelli è di fronte ad un altro passaggio difficile, forse il più delicato, dopo l’entusiasmo delle prime due stagioni nel massimo campionato. «I risultati ovviamente non aiutano – spiega a questo proposito Trainotti – ma, dopo due anni sopra le righe, stiamo cercando di normalizzare la società, tornando a fare quello che dovremmo fare naturalmente, vale a dire lanciare ragazzi sui quali mettere le basi per il nostro futuro».

Sotto questo profilo, non ci sentiamo di biasimare Salvatore Trainotti: meglio costruire giocatori italiani, piuttosto che affidarsi ogni anno ad una “cartata” di stranieri. Ma i costi da sostenere (dopo l’esclusione dalla finale eight, si rischia quella dai playoff, per non parlare di una retrocessione) varranno la candela?

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