l’incontro

La mamma di Marco Pantani fa pace con i pm di Rimini

Dopo anni di polemiche l'incontro: “Ma – precisa Tonina –  non cambio idea”



BOLOGNA. A 17 anni dalla morte del “Pirata” di Cesenatico e dopo tante polemiche da parte della famiglia del campione di ciclismo, la madre di Marco Pantani, Tonina, ieri è stata in Procura a Rimini per fare la pace.

Accompagnata da un legale, ha avuto un colloquio con il pm Paolo Gengarelli, magistrato titolare della prima inchiesta su quanto accaduto il 14 febbraio 2004 in una stanza del residence 'Le Rose', dove il figlio venne trovato senza vita, da solo, nel giorno di San Valentino.

Secondo le indagini il ciclista morì per un mix di cocaina e farmaci, senza l'intervento di nessuno.

La famiglia ha invece sempre chiesto di indagare sull'ipotesi che sia stato ucciso.

Ma anche l'ultima inchiesta, riaperta a distanza di anni, aveva portato alla stessa conclusione: la pista di un assassinio non era fondata.

Ieri Tonina ha ripercorso le tappe della storia processuale, confrontandosi con il pm su alcuni punti, seppur rimanendo, alla fine, della propria opinione, Ma l'incontro è servito a ricostruire i fatti in modo sereno, ponendo fine agli equivoci nati nel tempo, spiega il Corriere di Romagna.

Secondo il Resto del Carlino Tonina ha detto: "Marco mi è apparso in sogno e mi ha detto di andare dal pm. E' stato un incontro tra amici".

Ma "nessun passo indietro, non cambio idea". L'ultima archiviazione è del giugno 2016, quando il Gip Vinicio Cantarini ha sancito, accogliendo la richiesta della Procura, che non ci sono più strade da seguire per provare a sostenere che Pantani sia stato ammazzato.

Era stato un esposto presentato a luglio 2014 dalla famiglia del corridore a chiedere di indagare ancora. Ma gli investigatori non hanno trovato nulla in tal senso.

La verità giudiziaria, dunque, dice che Pantani morì da solo in una stanza del residence, chiusa dall'interno.

Per un'azione prevalente di psicofarmaci, così da far pensare più a una condotta suicida, che a un'overdose accidentale. Esclusa, in ogni caso, l'ipotesi di un'assunzione sotto costrizione. Rimane a questo punto la ricostruzione dei processi fatti.

Un patteggiamento a quattro anni e dieci mesi per Fabio Miradossa e a tre anni e dieci mesi per Ciro Veneruso, per spaccio e morte come conseguenza di altro reato.

Il primo avrebbe consegnato al Pirata la dose letale, l'altro l'avrebbe procurata. Poi c'era un altro imputato che aveva rifiutato il patteggiamento e che alla fine è stato assolto dalla Cassazione.

Non hanno portato a risultati neppure gli accertamenti, sempre sollecitati dalla famiglia, su un presunto intervento della Camorra al Giro d'Italia del 1999, quando Pantani venne escluso per l'ematocrito alto. 













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