BASKET SERIE A

L'intervista a Beto Gomes: "Mi sento a casa, ma in campo devo crescere"

Parla l’ala portoghese della Dolomiti Energia «Sono deluso, ma i playoff restano l’obiettivo»


di Sergio Zanella


TRENTO. Sbarcato all'ombra del Bondone dopo un'estate vissuta da leader incontrastato della sua nazionale alle qualificazioni ad EuroBasket 2017, Joao Beto Gomes, in questi primi tre mesi in maglia bianconera, non è certo riuscito a rispettare le grandi attese che avevano accompagnato il suo arrivo a Trento. A riconoscere le difficoltà incontrate è lo stesso giocatore capoverdiano, che ha però dimostrato di non voler gettare la spugna e, di partita in partita, si è detto pronto a crescere. La costante presenza a Trento di moglie e figlia gli daranno quell'ulteriore tranquillità mentale per rispettare le premesse di inizio stagione, anche perché Buscaglia e l'intera Dolomiti Energia hanno bisogno della sua difesa, dei suoi rimbalzi e soprattutto dei suoi canestri.

Beto Gomes, come sono stati questi primi tre mesi a Trento?

«L'adattamento alla città è andato benissimo: mi trovo bene, c'è un bell'ambiente e una società ben organizzata. Dal punto di vista del basket, invece, le cose non stanno andando come mi aspettavo: sia a livello personale che di squadra possiamo certo fare di più. Un peccato perdere l'ultima partita in casa di fronte a un palazzetto stracolmo, ma la stagione è ancora lunga».

Diceva di trovarsi bene a Trento, forse perché le ricorda lontanamente Andorra, dove ha passato le ultime due stagioni?

«Può darsi, paesaggisticamente sono due posti che si assomigliano molto: ci sono le montagne e anche lì esistono le piste da sci. In entrambe le città c'è poi una grande tranquillità, la gente è sempre gentile e si vive davvero bene».

Lei vive a Trento con la sua famiglia, cosa fate nel tempo libero?

«Compatibilmente con i ritmi di partite e allenamenti ci piace camminare, viaggiare e visitare nuovi posti. Siamo stati ad esempio a Bolzano e a Verona, e abbiamo anche visitato i mercatini natalizi di Piazza Fiera: davvero suggestivi».

In assoluto qual è la cosa che le è piaciuta maggiormente del Trentino?

«Senza dubbio il lago di Garda, è un posto davvero bellissimo, dove acqua e montagna si incontrano».

Acqua e montagna sono anche le caratteristiche della sua terra, Capo Verde, forse è per questo che Riva del Garda le è tanto piaciuta?

«No, non esageriamo. Capo Verde è proprio un'altra cosa: molto più calda e con un clima molto più secco, qui è tutto verde, lì invece ci sono anche periodi di grande siccità e per questo il terreno è più brullo».

Ci tolga una curiosità: come può un capoverdiano giocare a basket? Capo Verde è, d'altra parte, la terra natia di campioni del calcio come Nani o del poi naturalizzato francese Vieira.

«Sì è vero, lì tutti giocano a calcio e da giovani tutti sognano di fare i calciatori. Anche per me era così, poi, quando a 12 anni ero il bambino nettamente più alto del paese in cui vivevo, ho scelto il basket. I miei piedi erano ormai troppo lunghi per giocare a pallone».

Il calcio è comunque restato nel suo cuore?

«Guardo volentieri i big match europei, come Real-Barcellona o le partite della Nazionale, ma di certo non sono un tifoso sfegatato. Comunque simpatizzo per il Benfica».

Il Benfica è stata peraltro la sua squadra dal 2011 al 2014, com'è il livello del basket in Portogallo?

«Sicuramente più basso che in Italia o in Spagna. Il basket non è lo sport simbolo del Portogallo, anche se qualche giocatore portoghese in passato ha avuto una buona carriera europea. Penso ad esempio a Sergio Antunes Ramos, che ha giocato anche in Italia con Milano e Avellino. Con la maglia del Portogallo ha vissuto un'estate da vero protagonista, divenendo la star indiscussa della sua squadra».

Qui a Trento, invece, non esiste una vera e propria stella e lei si è visto costretto a partire allo stesso livello di tutti i suoi compagni. Questo aspetto può aver inciso sul suo rendimento?

«È vero che nelle due squadre ho un ruolo diverso, ma questa cosa non mi crea certo problemi. So che devo farmi trovare pronto alla chiamata dell'allenatore e certo devo crescere a livello personale».

Cosa le è mancato in questi mesi e come vive interiormente questo momento di difficoltà personale?

«Non è facile spiegarlo: se avessi la soluzione avrei già superato questo momento. In difesa penso di aver fatto piuttosto bene, mentre in attacco le cose non stanno andando come voglio. Voglio però svelare un particolare: io non mi sento un grande attaccante, quanto piuttosto un buon difensore. Anche nelle mie esperienze nel campionato spagnolo questa è sempre stata la mia caratteristica principale».

Ci descriva con precisione quelle che ritiene essere le sue "skills" di gioco.

«Sono un all around che ama correre in transizione, dare una mano a rimbalzo sui due lati del campo e aprire le difese avversarie con il tiro da tre punti, cosa che invece per ora mi è mancata. Dopo essere cresciuto tra Capo Verde e Portogallo senza mai dare importanza alla difesa, le mie esperienze in Spagna mi hanno fatto diventare uno specialista della metà campo difensiva, in cui all'occorrenza posso provare a marcare dal playmaker alle ali forti avversarie».

Ci dia delle cifre: lei, a livello personale, sarà soddisfatto a fine stagione se...?

«Non mi piace parlare di statistiche personali. Sarà forse una cosa retorica, ma per me ciò che conta è la squadra. Le prime partite non sono certo andate come volevamo, ma siamo solo a un terzo del campionato. Abbiamo tutto il tempo per rimettere a posto le cose e vogliamo centrare i playoff, obbiettivo che ci siamo dati a inizio stagione».

 













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