Hockey Fassa, l'importanza del vivaio

Una squadra in A e 130 ragazzini che sognano di giocare nelle Aquile ladine


Gianpaolo Tessari


CANAZEI. Zainetto con i libri di scuola in parte e sacca sportiva da cui spuntano lame di pattini belle luccicanti. Chiedere al terzetto di ragazzini delle medie se hanno bigiato la scuola per venire all'allenamento della prima squadra del Fassa Hockey non serve. Benvenuti nella "cantera" delle aquile ladine: 130 ragazzini dagli otto anni in su. E un gruppo di idoli da imitare.

E' mattina, ore 11. Nel vecchio (ma sempre valido) stadio del ghiaccio di Alba di Canazei è ora di riprendere gli allenamenti in vista della seconda partita della regular season della serie A col Valpusteria.

L'aria è frizzante anche e soprattutto perché la squadra di coach Miro Frycer ha esordito con una vittoria non pronosticata in quel di Cortina. Ed i ragazzini delle giovanili gasati dall'impresa, fremono per calcare a loro volta il ghiaccio, non appena la prima squadra si dedicherà alla lavagna ed ai massaggi: «Avanti, venite pure negli spogliatoi. Non fatevi spaventare dalla confusione» ci accoglie il presidente del club, Roberto Ongari, ora imprenditore ma con un passato da portiere (di riserva) in serie A.

«Erano i tempi di Bob Manno, alla fine degli anni ottanta. Allora il nostro sport era in un periodo di vacche grasse. Nella serie A italiana venivano a giocare i grandi, i grandissimi, nella fase discendente della loro carriera. E da soli, Manno fu un esempio in questa chiave, erano in grado di fare la differenza. In quel periodo infatti la nostra squadra si giocò la finale scudetto a Varese. Perdemmo. Ma fu un'annata stupenda» osserva Ongari. La bacheca del club ladino non ospita trofei in senso stretto, ma l'enclave dell'hockey trentino (Pergine non si offenderà) gonfia giustamente il petto per un'attività di vivaio che consente alla prima squadra di avere da sempre linfa e giocatori da massima serie. Su una rosa di venti uomini, la metà sono trentini, anzi fassani doc, a partire da capitan Diego Iori: «Diciamo che metà del nostro budget di 800 mila euro è impiegato proprio nel settore giovanile. Abbiamo sei squadre, dagli otto anni in su, con 130 ragazzi. Cui forniamo tutto l'occorrente e che andiamo a prendere due volte la settimana con i nostri pulmini per portarli agli allenamenti».

La squadra, quella che gioca in A, ha spina dorsale locale ma in avanti, la linea d'attacco, e in porta, si affida ai collaudatissimi giocatori canadesi. Da sempre maestri in questo sport. Un nome per tutti l'estremo difensore Frank Doyle, un metro e 85 di grinta ed uno sguardo che filtra dal casco che, da solo, basta ad intimidire qualsiasi attaccante. Ma Doyle si dimostra anche campione di disponibilità, indossando per le nostre foto la nuova maglia (sempre gialloblù eh) delle aquile versione 2011. Arriva il coach, il ceko Frycer, un nomone nell'hockey pro. Alto, abbronzato, di grande carisma. In Val di Fassa si trova bene, aria buona e gente vera, come lui. Ha portato la moglie, fanno grandi passeggiate: «Dove possiamo arrivare? Non vedo per il momento una super squadra in grado di dominare la stagione. Siamo in dieci, le ultime due saranno nei pasticci. Le altre passeranno alla fase a gironi. Vorremmo esserci». I ragazzini gongolano.













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