Giro d'Italia

Dietro al “keniano bianco” più bocciati che promossi

Errori anche tattici per Dumoulin, a Yates è mancata la tenuta, bravi i giovani sudamericani. Disastro Aru, Pozzovivo almeno quinto, consoliamoci con Viviani



ROMA. Come ogni anno, il Giro regala sorprese e conferme. Ed emette verdetti. In montagna e in pianura, in discesa e a cronometro, c'è spazio per le velleità e per i rimpianti. A volte non bastano nemmeno 3.600 km per dipanare la matassa, tra fughe mancate, alleanze sfumate, ambizioni vanificate dalla strada. Nel Giro di Froome qualcuno ha fallito e qualcun altro, invece, è andato al di là dei pronostici. Ecco top e flop.

CHRIS FROOME - Nell'attesa che l’Uci si pronunci sulla sua positività al Salbutamolo – riscontrata nella Vuelta 2017 – emettendo la sentenza (rischia una squalifica da un mese a due anni), si gode la maglia rosa. Ha vinto Tour, Vuelta e Giro fra luglio 2017 e maggio 2018, come solo Hinault e Merckx. Ed è entrato anche nel club dei corridori che si sono aggiudicati i tre grandi giri. Semplicemente mostruoso sulla Cima Coppi del Colle delle Finestre, con una fuga di oltre 80 km. Superlativo sullo Zoncolan. Doping o non doping, comunque chapeau.

ELIA VIVIANI - Aveva detto alla vigilia che puntava a vincere tre tappe e invece se n’è messe in tasca quattro. Aveva detto che puntava alla maglia ciclamino della classifica a punti e, in un Giro con otto arrivi in salita (non certo adatti a un olimpionico della pista), è riuscito ad arrivare fino a Roma. Una bella impresa. Poco importa se mancavano i supereroi delle volate, come Kittel e Gaviria, Cavendish o Kristoff. Bravo.

I SUDAMERICANI - Il colombiano Miguel Angel Lopez, 24 anni, e in maglia bianca come miglior giovane; l'ecuadoriano Richard Carapaz (vittorioso a Montervergine), che di anni ne ha 25, sono le due novità più liete del Giro 101. Il futuro, di certo, è nelle loro gambe.

TOM DUMOULIN - Ha pagato un paio di errori tattici. Senza il gioco degli abbuoni, chissà, magari sarebbe arrivato al fianco se non addirittura davanti a Froome. A Sappada non è riuscito a trovare un briciolo di accordo con gli altri big per far lievitare il vantaggio. Nella crono è stato bravo, ma non stratosferico come ai Mondiali.

SIMON YATES - Tredici giorni in maglia rosa, tre tappe vinte (Gran Sasso, Osimo, Sappada) e una ceduta al compagno della Mitchelton-Scott, Esteban Chaves, sull'Etna. Il bilancio dell’inglesino è comunque positivo. Ha pagato la tenuta nella terza settimana e, in particolare, lo sforzo nella crono a Rovereto.

DOMENICO POZZOVIVO - Per quasi tre settimane è stato l’uomo di punta del ciclismo italiano nella corsa rosa. Ha lottato per il podio, suo obiettivo dichiarato, è stato ingoiato dal buco nero del Colle delle Finestre, complice l'exploit di Froome. Ha la colpa di avere usato un rapporto troppo duro che gli ha impedito di rimanere a ruota con Lopez, Carapaz, Dumoulin e Pinot. Sul podio non ci sale ma, dopo il ko di Pinot, è quinto.

FABIO ARU - È come certe squadre che la Champions la vincono (sempre) l’anno prossimo. A 28 anni doveva arrivare la svolta, qualcosa di più dei podi al Giro 2014 e 2015. Si è sempre staccato, in pianura come in salita. Venerdì si è ritirato.















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