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Denunciò il calcioscomesse, Farina ora insegna il fair play ai bambini

Simone Farina nel 2011 rifiutò 200mila euro per combinare Gubbio-Cesena. Dopo anni passati tra Interpol e Fifa l'ex giocatore arriva in Trentino a Lavarone con il camp dell'Aston Villa e ci racconta la sua storia


Luca Pianesi


TRENTO. A Lavarone per trasmettere “cultura sportiva” alle nuove generazioni attraverso un vera e propria full immersion di calcio e inglese. Sarà anche questo il camp organizzato dallo storico club della Premier League dell’Aston Villa per i primi di luglio. Una settimana dedicata a ragazzi e ragazze dai 6 ai 12 anni che li vedrà allenarsi in compagnia dei tecnici della società di Birmingham che ha scelto il comune trentino come una delle tappe italiane del suo progetto di formazione dei più giovani. Tra i promotori anche Simone Farina oggi Head of Integrity Sport dell’Aston Villa, ieri ex calciatore del Gubbio che nel 2011 rifiutò 200.000 euro per combinare l’incontro di Coppa Italia tra la sua ex squadra e il Cesena. Terzino, classe '82, all’epoca era stato ribattezzato “Mister clean” dai media di tutto il mondo e dalla sua denuncia era partita la seconda tranche dell’inchiesta sull’Operazione Last Bet sul calcioscomesse (quella che vedeva coinvolti tra i tanti anche Cristiano Doni).

In pochi mesi erano arrivati tantissimi attestati di stima per il gesto del 29enne romano: Blatter lo aveva invitato alla cerimonia del Pallone d’Oro a Zurigo consegnandogli (davanti al vincitore Messi e al secondo classificato Cristiano Ronaldo) un gagliardetto al merito, facendolo poi ambasciatore della Fifa per il fair play; Prandelli lo aveva convocato (a lui giocatore di serie B) per il raduno della Nazionale in vista degli Europei del 2012, a Coverciano; e poi le televisioni, i giornali, le trasmissioni sportive. Tutti a cercarlo, a chiedergli interviste e a proporgli pubblicità. Poi gli applausi e le pacche sulle spalle sono andati via via scemando e mentre l’inchiesta si allargava a macchia d’olio, il Gubbio decideva di rescindere il suo contratto (dopo 105 presenze e 2 reti all'attivo) e Simone, a 30 anni, rimaneva senza squadra.

«Col mio ex club, effettivamente, le cose non sono andate per il verso giusto – ci racconta Farina –. Io avevo tutte le intenzioni di continuare a giocare. Però devo ammettere che intorno a me si era creato un tale clamore mediatico che io stesso ho fatica a gestirlo. Stavo diventando, diciamo così, troppo ingombrante per un club, e in molte occasioni io in primis mi sono domandato cosa stessi facendo e cosa mi stava capitando».

Dopo poco meno di un anno dalla sua denuncia di fatto, però, lei è rimasto senza squadra. Chiuso col Gubbio, in quell’estate del 2012, infatti, l’aveva cercato il Perugia ma alla fine non s’era fatto nulla. Poi è arrivato l’Aston Villa. Si è sentito scaricato dal calcio italiano?

Devo dire che in parte è stata anche una mia decisione perché l’offerta arrivata dall’Aston Villa di trasferirmi a Birmingham per allenare le giovanili del club inglese mi allettava tantissimo. Però è vero che sentivo molto pregiudizio nei miei confronti. Il clamore mediatico che s’era creato intorno alla mia persona dopo la mia denuncia faceva sì che ovunque andassi venissi associato a quel singolo episodio. Io invece volevo essere apprezzato prima di tutto come calciatore. Ma dopo quel che era successo era diventato quasi impossibile.

A livello personale come ha vissuto quella fase?

Male. E' stato molto difficile. Sono un ragazzo che non è abituato alla luce dei riflettori e infatti per anni ho giocato a Gubbio dove avevo trovato la mia giusta dimensione. Poi dopo la denuncia la mia vita è completamente cambiata. Il campo mi mancava, mi mancava lo spogliatoio, gli allenamenti, la tensione da partita. E al tempo stesso mi trovavo a girare il mondo in compagnia dei responsabili dell’Interpol. Per tre anni e mezzo sono andato nelle scuole di polizia, nelle centrali, a convegni internazionali delle forze dell’ordine dove si discuteva di illeciti sportivi e di casi simili al mio a raccontare quanto mi era successo. Ovviamente di indagini e reati non sapevo nulla. Io mi limitavo a raccontare la mia vicenda, come avevo agito e cosa mi stava capitando dopo la denuncia.

Come è entrato in contatto con l'Interpol?

Ovviamente loro erano tra quelli che seguivano l’Operazione Last Bet. Poi ad un convegno della Fifa ho conosciuto il loro segretario generale Ronald Noble (il quale tramite Abete sempre nel 2012 gli farà avere una medaglia al valore con questa motivazione: «Non ha solo detto no, ma ha anche denunciato. Non e' il solo ma il calcio ha bisogno di più eroi come lui. L’Interpol farà quanto in suo potere per presentare Farina come un modello in tutto il mondo. Senza eroi come lui la gente perderà fiducia nel bel calcio» ndr). Noble ha capito quello che stavo passando, le difficoltà che stavo vivendo, il senso di solitudine che stavo provando e ha deciso che voleva conoscermi di persona. Così ha invitato me e la mia famiglia allo stadio per seguire due partite degli Europei del 2012 in sua compagnia. E da lì abbiamo cominciato la nostra collaborazione.

Oggi lei è ambasciatore per il fair play non solo per la Fifa ma anche per la Serie B italiana oltre ad essere nello staff tecnico dell’Aston Villa. Il trait d’union, tra tutte queste attività, è la “cultura sportiva”?

Direi di si. Per la Lega di Serie B e la Fifa seguo progetti legati al sociale: portiamo avanti training per le società sportive e promuoviamo il fair play ad ogni livello. Con l’Aston Villa, ho cominciato come allenatore dei bambini e oggi faccio parte dello staff tecnico. Ma è dai bambini che si deve partire per rendere migliore il nostro calcio. Bisogna cominciare da loro trasmettendogli i veri valori della cultura sportiva che sono il rispetto dell’avversario, dell’arbitro e dell’allenatore, quello per le regole e i regolamenti e infine il rispetto per se stessi coltivando una sana passione sportiva non necessariamente piegata alla logica del risultato. E a Lavarone verremo anche a fare questo.













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