Birarelli: «Lasciamo a casa gli alibi»

Il centrale della Diatec suona la carica in vista della semifinale di Coppa Italia con Piacenza


di Maurizio Di Giangiacomo


TRENTO. Il capitano coraggioso ordina ai suoi “soldati” di lanciare il cuore oltre l’ostacolo Piacenza: c’è una Coppa Italia da (ri)conquistare. «Lasciamo a casa gli alibi», dice Emanuele Birarelli, che suona la carica per la Diatec Trentino in vista della semifinale di sabato a Bologna. E lo fa dalla redazione del Trentino, alla quale ha fatto visita ieri, alla vigilia di uno dei momenti più importanti della stagione. Una bella occasione per fare il punto sulla delicata annata di Trentino Volley e sulla carriera del centrale marchigiano, che è anche il capitano della Nazionale di Berruto.

Birarelli, cosa ricorda della sua prima stagione in maglia Diatec, sei anni fa?

La squadra aveva appena cambiato allenatore e tanti giocatori erano nuovi. La società lavorara seriamente da tempo, ma in quella stagione si apriva un ciclo diverso, quello che avrebbe portato a tanti successi. Io arrivai da terzo centrale, dopo le tre stagioni di stop per l’ischemia arteriosa al braccio destro e la stagione a Verona...

...e in tre sole partite soffiò il posto di titolare a Piscopo.

Diciamo che la società fu intelligente a non partire con dei titolari fissi.

Dice la società perché inizialmente fu più Cormio che Stoytchev a credere il lei? In quell’estate si era parlato a lungo anche dell’arrivo di Tencati.

Fu Cormio a portarmi a Trento, ma la decisione di schierarmi come titolare fu presa comunque da Stoytchev.

Ecco, Stoytchev: quanto ha influito nella sua crescita da terzo centrale di Trento a miglior italiano nel suo ruolo?

Stoytchev ha avuto sicuramente un ruolo importante, ma su quel percorso ha influito tutto quello che ho vissuto qui a Trento, soprattutto le vittorie, ma anche l’impegno estivo con la Nazionale, che mi ha fatto crescere tecnicamente e caratterialmente.

Qual è stato il momento più bello di questi anni con Trentino Volley?

Il 2011, quando abbiamo vinto Mondiale per Club, scudetto e Champions League, con la final four a Bolzano è stato fantastico. Adesso, guardandomi indietro, mi rendo conto di quanto è difficile centrare certi risultati.

Tornando a Stoytchev, l’anno scorso ha provato a portarla in Turchia con lui?

No, non me l’ha chiesto. Del resto, l’Ankara già così deve far ruotare gli stranieri.

Se glielo avesse chiesto, lei avrebbe accettato?

Io avevo già deciso di rimanere a Trento, rinnovando il mio contratto per altri due anni. Quando il presidente Mosna ha rinunciato a quei giocatori, per me non è cambiato nulla. Ho solo cercato di convincerlo ad allestire una squadra competitiva, perché voglio militare in una squadra che giochi per vincere.

Quindi, il problema non si porrà nemmeno alla fine di questa stagione.

Ho un altro anno di contratto e quindi il mercato non è nei miei pensieri. Ripeto, io spero che questa squadra possa lottare per il vertice anche in futuro. Ovviamente dipende dalla situazione economica, ma sono sicuro che il presidente farà il massimo.

Sulla sua scelta ha influito anche la paternità?

Io sono un professionista, ma sul piatto della bilancia finisce inevitabilmente anche la vita privata. La mia priorità, però, è giocare in una squadra vincente, anche per il ruolo che ho in Nazionale. Trento, per adesso, mi soddisfa da tutti i punti di vista ma sono sicuro che con il presidente potrò discutere la mia posizione anche a prescindere dagli obblighi contrattuali.

A Trento sta bene anche la bimba?

Certo. Sofia ha due mesi e mezzo, è un’esperienza fantastica, diciamo che ultimamente mi va tutto bene.

Sua moglie Elena è trentina, dove l’ha conosciuta?

Alla Cantinota, una sera che ero uscito con gli amici. È psicoterapeuta e maestra d’asilo, spero che presto possa esercitare la professione per la quale ha studiato tanto.

Non le manca il mare di Senigallia?

Diciamo che Trento e Senigallia sono due bellissimi posti dove vivere, sono fortunato.

Quali passioni ha acquisito, da quando è in Trentino?

Lo sci e le camminate in montagna sicuramente no, perché non sono compatibili con la mia professione. Ma l’ambiente del Trentino mi piace tantissimo, specie la Val di Fiemme, che ho conosciuto anche grazie alla Nazionale. E anche il ragù di cervo!

Torniamo in campo: come state vivendo questa stagione non in pole position?

Sulla carta non partiamo da super-favoriti, ma per me cercare il risultato partendo da un livello più basso è uno stimolo importante. Confidavo che questo gruppo avrebbe saputo centrare traguardi come quello della Supercoppa, ma le somme si tirano a fine stagione, non mi voglio accontentare. Dobbiamo essere ambiziosi, pensare sempre alla prossima partita.

Contro Piacenza quante chance dà alla sua Diatec?

Non dobbiamo pensare ai problemi dell’ultimo mese, è una partita, dura due ore e può succedere di tutto: se ognuno di noi farà il suo dovere, li potremo battere. Quando si gioca, gli alibi si lasciano a casa.

Come sta il suo ginocchio?

Bene, diciamo che al 99% giocherò.

C’è qualche chance che anche Sokolov possa giocare contro Piacenza?

Tsetso sta recuperando molto velocemente, ma forse non sarà in grado di affrontare una partita intera. Comunque Kay Van Dijk ci sta dando una grossa mano: ha avuto un ottimo impatto e, specie in battuta, è davvero un giocatore interessante.

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