«Ancora qualche anno Sogno sempre di alzare un trofeo con l’Aquila» 

Parla il gigante bianconero. «Vedrete, il g.m. Trainotti allestirà un’altra grande squadra» 


Federico Casna


Trento. Seneca scriveva che la fortuna non esiste, che esiste soltanto il momento in cui il talento incontra l’occasione. Quell’attimo propizio per Luca Lechtaler è arrivato in ritardo rispetto ai colleghi, quando l’ora colosso bianconero aveva già 15 anni e non si era ancora avvicinato al mondo della pallacanestro. Da quell’episodio la narrazione della storia del “Lech” è cambiata radicalmente ed ha incominciato ad essere alimentata da una grande voglia di migliorarsi, anche dopo le premature vittorie di Siena che avrebbero potuto dargli alla testa. L’approdo nella squadra della propria città è invece arrivato al termine di un lungo girovagare ed è stato speciale come il rapporto che ora li lega, che pare li vedrà uniti anche nel prossimo futuro. Un po’ come quel sogno, sempre condiviso, di alzare insieme un grande trofeo.

Innanzitutto, come sta? A che punto è con il recupero dall’infortunio?

«Sto recuperando alla grande. Ora stiamo facendo qualche controllo, dato che la quarantena l’aveva impedito, e appena possibile andremo a lavorare anche sulla muscolatura. Tutto sta procedendo secondo i piani».

Da quello che abbiamo capito non c’è stato un momento specifico in cui si è infortunato, ma si è operato per risolvere un problema che si portava dietro da un po’. Conferma?

«Esatto, non c’è stato un momento specifico. Da settembre però il ginocchio si gonfiava spesso e purtroppo solo l’ultimo esame ha evidenziato il menisco rotto. In quel periodo facevo proprio fatica ad allenarmi, così abbiamo pensato che non rischiare fosse la soluzione migliore».

Quest’anno come ha visto la squadra?

«Abbiamo avuto diversi momenti durante la stagione. A causa del gruppo nuovo siamo partiti un po’ a rilento ma poi siamo riusciti a reagire e ad alzare il livello, anche in un momento con un calendario complicato. Il trend per arrivare ai playoff era quello giusto».

Facciamo qualche passo indietro. Come si è avvicinato a questo sport? E come si passa dal Bolzano Piani alla squadra più forte d’Italia?

«Tutto è nato alle finali studentesche di pallamano, quando ho conosciuto un ragazzo di Bolzano che, data la mia statura, mi ha proposto di provare a giocare a basket. Avevo 15 anni e, nonostante qualche dubbio, ho deciso di provare, anche grazie alla chiamata dell’allenatore di Bolzano dell’epoca Franco Soncin. Mi si è aperto un mondo, ho scoperto una nuova passione e ho iniziato un’avventura impegnandomi con tutto me stesso. Alle partite in rappresentativa e in Nazionale hanno fatto seguito le chiamate dei vari club e, sempre ascoltando il consiglio di Franco, ho deciso di scegliere Siena, che aveva un fantastico programma per i giovani».

Ha esordito da giovanissimo a Siena ed ha vinto subito lo scudetto. Mentalmente cambia la carriera di un giocatore con un trofeo in tasca?

«In realtà non direi, ho sempre lavorato per alzare il mio livello. Se mi ha tranquillizzato? Non penso, anche perché in questo momento mi sento in sospeso per non aver ancora alzato un trofeo in Serie A con Trento. È uno dei miei sogni nel cassetto, soprattutto dopo le due sudatissime finali».

Infatti, al di là della città di appartenenza, sembra che lei abbia proprio un’intesa unica con la società. Dico bene?

«Sicuramente il fatto di poter giocare nella propria città è una cosa speciale di per sé. Ovviamente però ci sono una serie di piccole cose che hanno creato un legame profondo tra me e le persone della società. Mi riferisco alle idee, all’attenzione per il territorio, alle motivazioni, agli obiettivi comuni. Il rapporto è speciale e penso che la gente lo veda».

A proposito di gente, vedo che organizza tante attività e che è molto attivo a livello sociale.

«Sì, mi piace molto organizzare attività e amo trasmettere la mia esperienza e le mie fortune alle persone per spronarle a raggiungere i propri obiettivi, a cercare la soddisfazione personale nei piccoli traguardi. Lo faccio con i ragazzi delle giovanili ma anche con le persone meno fortunate, cercando di insegnare ma anche di imparare qualcosa da loro. La pallacanestro è un ottimo mezzo per avvicinare le persone».

Tornando all’avventura di Siena, ha avuto come allenatore Pianigiani: è quello che le ha lasciato di più in carriera?

«Pianigiani è stata per me una figura fondamentale, ma ho avuto diversi allenatori che ritengo importanti e ho sempre cercato di trarre il massimo dagli insegnamenti di ognuno di loro, dal primo all’ultimo. Mi piace imparare e non mi sento mai arrivato».

Nel suo ruolo, invece, qual è stato il suo modello di riferimento?

«Mi sono avvicinato alla pallacanestro negli anni in cui Shaq e Kobe (Shaquille O’Neal e Kobe Bryant, ndr) dominavano in lungo e in largo, quindi O’Neal era il giocatore che mi impressionava di più nel mio ruolo. A Siena invece ho avuto dei veri e propri modelli: appena arrivato cercavo di stare dietro a Bulatovic, di marcarlo anche in maniera stretta per migliorare, lui in tutta risposta mi ha alzato per la maglia e scaraventato a terra. È stato il momento in cui Pianigiani mi ha dato il benvenuto in Serie A. Un altro modello è stato Kaukenas, lui mi ha insegnato a crescere come professionista».

Qual è il ricordo di campo a cui è più affezionato? La sua stagione migliore?

«Fatico a scegliere una stagione migliore, anche perché alla fine di ogni stagione tiro le somme e poi resetto per quella nuova. Anche di ricordi ce ne sono tanti, dalle vittorie giovanili agli scudetti con Siena. Dalla promozione in Serie A con Trento alle finali perse, che ricordo comunque con piacere perché so il percorso che hanno alle loro spalle».

Che Aquila Trento si aspetta invece per il prossimo anno? Lei rimane al 100%?

«Assolutamente, a meno che non mi comunichino niente in contrario. Siamo ancora a maggio però, devo ancora discuterne con la società ufficialmente. Dall’anno prossimo mi aspetto il solito grande lavoro della società per trovare elementi di valore, nel limite delle possibilità, e per creare un gruppo motivato che voglia puntare sempre in alto. Le dirò di più, sono sicuro che sarà così perché ho grande fiducia in Salvatore (Trainotti, ndr) e in tutta la società».

Al post-carriera le capita già di pensarci? Dove si immagina?

«Mi capita di pensarci ma credo di avere ancora qualche anno. Sicuramente mi piacerebbe continuare a collaborare con la società come sto facendo e vorrei continuare a portare iniziative ed eventi. Poi ho qualche sogno che vorrei realizzare nell’ambito della valorizzazione del territorio e nell’insegnamento dei valori della montagna, mia grande passione».

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