Addio «Alf», insegnante politico e irriverente  penna dello sport trentino

Trento. “I sbara sempre pu vizin”. Lo diceva sempre quando se ne andava qualcuno che conosceva. E questa volta è toccato a lui. Alberto Frioli s’è spento venerdì a Kiev. Avrebbe compiuto 78 anni il...



Trento. “I sbara sempre pu vizin”. Lo diceva sempre quando se ne andava qualcuno che conosceva. E questa volta è toccato a lui. Alberto Frioli s’è spento venerdì a Kiev. Avrebbe compiuto 78 anni il prossimo 29 novembre, un giorno che sempre “santificava” con un giorno senza lavoro. Molti lo conoscono per gli anni trascorsi a scrivere, prima sull’Alto Adige e poi sul Trentino, del Calcio Trento. Ma Alberto, “Alf” come lo si chiamava in redazione mutuando la sigla in calce ai suoi articoli (o “professore” per la sua professione, ma non solo), era molto di più di un cronista sportivo. E forse sì, lo era, e senza che ciò suoni a bestemmia, ma della stessa pasta dei Brera dei Mura. Un cuore libero e impavido, con una formazione culturale di prim’ordine e un carattere che in certi momenti era scontroso al limite dell’irritante, ma che sapeva dire pane al pane e vino al vino, che non temeva di andare contro al pensiero della massa e sempre capace di andare diritto per la strada imboccata. Una sorta di anarchico della cronaca sportiva. Che scriveva di sport, ma aveva fatto politica. Che sapeva usare la penna con la facilità concessa a pochi: come mannaia e come fioretto, come dito puntato e come “cazzeggio” ironico e autoironico. Sì, perché Alberto Frioli, cronista capace di dividere l’opinione del lettore tra pro e contro, ma mai lasciando qualcuno nell’indifferenza, una cosa sapeva fare davvero: scrivere. E a modo suo, si badi bene, sapeva anche insegnare il mestiere. E da chi scrive, non a caso, è chiamato “Maestro” al pari dell’indimenticato “Bill” al quale, bontà sua, mi paragonò.

Brillante studente

Ma come si diceva sopra, questo è un volto di Alberto Frioli. Quello dalla mezza età fino alla maturità e oltre. Prima c’era stato l’Alberto studente di gran profitto e studioso. Un ragazzo che dalla natia Calavino (dove verranno tumulate le sue ceneri dopo il funerale cattolico a Kiev) è finito a Roma. Come ricordava ieri Silvano Bert, «nel 1962, dopo il brillante esame di maturità, la Diocesi aveva mandato Alberto a studiare teologia a Roma, ospite del Germanicum. Per la sua competenza divenne apprezzato traduttore dal tedesco, di Karl Rahner fra gli altri. Erano gli anni accesi del Concilio: a Roma frequentò assemblee con tedeschi, olandesi, americani. Segnarono una svolta culturale e politica nella sua vita». Erano seguiti, a quegli anni di grande e rigoroso approfondimento culturale, i periodi trascorsi in Germania proprio per conoscere ancor meglio l’uso del tedesco. Una conoscenza che lo aveva portato poi ad insegnare la lingua germanica agli (svogliati, definizione sua) studenti dell’Iti Buonarroti di Trento. Anni che poi lo avevano portato alla scelta politica, all’iscrizione al Partito Comunista. Erano i “Settanta”, un periodo “ruggente”, di grande espansione per il Pc. Anche a Trento e in Trentino.

Gli anni della politica

«A Trento c’erano sezioni di quartiere, di frazione – ricordano Maurizio Passerotti ed Enrico Paissan, due compagni di partito di allora con i quali Frioli condivideva battaglie e non sempre concordi discussioni -. Alberto era il segretario a livello comunale e faceva parte della segreteria provinciale della quale era segretario il poi onorevole Alberto Ferrandi. Fu al fianco della sezione “Che Guevara” che faceva capo a Renzo Francescotti nella storica occupazione dell’ex Hotel San Marco per il quale si chiedeva la ristrutturazione e conversione a casa protetta. Cosa che poi si verificò». In quel periodo era stato anche funzionario a tempo pieno del Pc. Ma soprattutto in quei giorni era al fianco nelle battaglie politiche dell’allora consigliera comunale e poi pure assessore, Rosanna Carrozzini, con la quale ha condiviso poi lunghi anni di vita in comune fatta di passione politica e amore. Un incontro che non è stato mai cancellato nemmeno dopo la fine della loro storia in comune. Negli ultimi giorni di Rosanna, infatti, Alberto era stato una presenza importante al suo fianco fino all’ultimo. L’amicizia e la stima era stati più forti di un’amore terminato.

L’adorato pallone

Ma nella vita di Alberto c’è stato un altro amore: il pallone. Già il calcio, meglio se scritto maiuscolo e seguito da Trento. Ne ha raccontato le gesta graffiando fino a scorticare, trasudando amore e passione nei tanti vezzeggiativi che s’inventava (toh, un rimando al grande Gianni…) per gli eroi in gialloblù. Un amore che lo ha portato anche a diventare per un lungo periodo il più classico dei topi da biblioteca. E dunque aveva letto giornali, raccolto numeri e fatto un libro, “Mai fuori gioco. La storia del Calcio Trento” il titolo, che racconta le gesta di un Calcio Trento quasi epico. Ed è stato anche il cronista sportivo che ha raccontato le gesta di Francesco Moser e Maria Canins, che si è affacciato su altri mondi sportivi, ma che alla fine è tornato sempre al suo Calcio Trento con immutata passione anche quando i tifosi, gli ultrà piccati per le sue pungenti “frecciatone”, gli avevano esposto al Briamasco il “regalo” che forse più lo aveva divertito e probabilmente inorgoglito: lo striscione con scritto “Alf terrorista”.

All’inizio del secondo millennio in poi allo sport aveva affiancato anche il lavoro all’associazione albergatori degli industriali di Trento e il nuovo amore, quello lo ha accompagnato fino a venerdì scorso. Ha incontrato per caso (ma come direbbe Paul Auster: esiste davvero il caso?) Iryna. Tralasciamo i dettagli e diciamo che mai lo si era visto così entusiasta da lungo tempo. E si era sposato. Nel 2010 aveva infine deposto la sua penna sportiva al curaro nel classico cassetto.

La malattia

Negli ultimi anni infine l’incontro con chi non vorresti mai: il signor Alzheimer. «Ci siamo accorti più o meno due anni fa – racconta Maurizio Passerotti, che ha supportato Iryna in questi anni -. Ha fatto delle visite e si è trovata una cura. Ma necessitava di costante attenzione. Iryna non voleva lasciarlo o, peggio, metterlo in qualche casa di riposo. Lo ha portato a Kiev per delle altre visite che hanno dato buoni effetti e sono tornati qua. Poi, alcune settimane fa la situazione si è aggravata. Iryna lo ha portato a Kiev in ambulanza e venerdì si è spento».

Alberto, “poeta delle attività calcistiche”, come ieri un collega lo ha definito, per un altro strano caso del destino se n’è andato nella città di Lobanowski, allenatore della mitica Dynamo, ma soprattutto poeta, amante e filosofo del calcio. Che la terra ti sia lieve e il calcio (magari scritto maiuscolo e seguito da Trento) sia sempre con te. Grazie di tutto Maestro.

©RIPRODUZIONE RISERVATA













Scuola & Ricerca

In primo piano