Foreste

Dopo Vaia e bostrico, avanza la ricostruzione dei boschi trentini

Sono previste 400.000 nuove piantine all'anno, spazio alle latifoglie per una maggiore biodiversità



TRENTO. A cinque anni esatti dalla tempesta e a quattro dalla proliferazione del bostrico in Trentino, procede a pieno regime l'attività di ripristino portata avanti dalla Provincia di Trento, con la messa a dimora di 400.000 nuove piantine l'anno, per 250 ettari di bosco rinnovati ogni 12 mesi.

Un'impresa - si apprende - per aiutare la natura ad accelerare la riconquista del bosco e garantire la tutela idrogeologica del territorio. Sui boschi già indeboliti da Vaia si è innestata anche l'infestazione fitosanitaria del bostrico. Mentre la tempesta avvenuta nei tre giorni di fine ottobre del 2018 ha distrutto 20.000 ettari di foresta, con schianti di legname per oltre 4 milioni di metri cubi, il bostrico che si è diffuso a partire dall'anno successivo è arrivato rispettivamente a quota 10.000 ettari, per 2 milioni di metri cubi di legname intaccato.

Secondo gli esperti della Provincia, il parassita finirà per superare Vaia in fatto di danni. Complessivamente sono 130 gli operai forestali assunti per i lavori di ripristino in tutto il Trentino. Nel solo cantiere forestale di val Calamento, in Valsugana, ci sono già 5.900 nuove piantine, di cui 3.700 di larice, 1.700 di faggio, 500 di acero e 50 di sorbo dell'uccellatore.

Si tratta di piante autoctone, che verranno affiancate da tigli, castagni, pioppi e salici, assieme a qualche conifera. La foresta di abeti e pini, piantata nella seconda metà dell'Ottocento per rimboschire velocemente il Trentino, verrà piano a piano sostituita dalle latifoglie, che garantiscono una maggiore biodiversità.

"Il problema del bosco del futuro ce lo stiamo ponendo tutti sulle Alpi. Per questo abbiamo promosso il progetto denominato 'Specie arboree clima intelligenti per i boschi sul territorio Arge Alp'. L'obiettivo è pensare un bosco che dovrà resistere non solo al cambiamento climatico per come lo conosciamo, ma al cambio complessivo delle condizioni ecologiche delle montagne. Più latifoglie, maggiore biodiversità e una diversa distribuzione strutturale, con un incremento degli spazi aperti, saranno elementi fondamentali per affrontare un clima che fra cento anni sarà completamente differente", spiega il comandante della forestale, Giovanni Giovannini













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