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Pacengo, il problema non è l'acqua bassa ma il fango sui fondali

«Dragaggi e manutenzioni straordinarie non vengono fatte da trentacinque anni mentre la prescrizione è di ogni sei-sette», spiega il vicepresidente di AssonoloGarda Andrea Speri

(Foto cittadilazise.it)



PACENGO.  Dopo mesi con i fari puntati sul basso livello idrometrico del Lago di Garda, si scopre che la criticità del momento è data dai fondali troppo alti a causa del fango. A Pacengo, l’acqua nella zona degli attracchi raggiungerebbe i due metri, ma con la situazione attuale di un metro e mezzo di fanghiglia il movimento delle barche è messo seriamente a rischio.

«Con questo livello possiamo lavorare solo con la gru e solo con barche fino a sei metri, con il rischio che tra un mese non possa fare nemmeno questo – spiega Andrea Speri, vicepresidente di AssonoloGarda e della Trasmar società di noleggio e ormeggio temporaneo – al momento sono operative solo due gru, oltre quella di Pacengo a Peschiera, per effettuare un servizio pubblico, mentre le nautiche private danno priorità ai clienti per cui svolgono l’attività di rimessaggio. Non è una questione di acqua bassa, ma di mancati dragaggi e manutenzioni straordinarie che non vengono fatte da trentacinque anni, mentre andrebbero svolti ogni sei sette anni».

«Nel 2022 – aggiunge Speri – abbiamo lavorato sfruttando meno della metà delle potenzialità che avrebbe questo posto, ma il canone di circa 25mila euro è stato pagato lo stesso. Il versato è diviso per il 60% a favore della Regione Veneto e la restante quota resta al Comune. Abbiamo chiesto il rimborso a entrambi, senza ricevere risposta. Nell’atto di concessione dello spazio c’è scritto che non ci si può rivalere nell’ipotesi di livelli bassi dell’acqua: è giusto, ma su quelli del fango sì, perché con manutenzioni regolari il problema non ci sarebbe o non costerebbe tanto risolverlo».

In realtà un intervento di riqualificazione del porto di Pacengo sarebbe stato programmato, solo che tutto è stato fermato a causa della presenza di idrocarburi emersa dagli esiti delle analisi sui campioni prelevati. L’intervento era stato finanziato con 1 milione e 6 mila euro, dei quali 300mila per il primo stralcio, 50mila sarebbero stati destinati per il drenaggio ed il resto per la pulizia delle scogliere e della pavimentazione. Cifra che alla luce del ritrovamento dei materiali inquinanti è risultata insufficiente. La spesa dovrà essere quindi ricalcolata, ma pure ridiscussa con la Regione Veneto, ma anche se dovesse arrivare una risposta in tempi brevi tutto si bloccherebbe in attesa dell’insediamento della nuova Giunta che risulterà dall’esito delle elezioni di metà maggio.

Cosa si potrebbe fare in attesa che politica e burocrazia concludano i loro iter? La prima possibilità sarebbe quella di spostare più al largo l’attracco delle barche utilizzando un pontile galleggiante, oppure in attesa del drenaggio definitivo, creare una sorta di canale in modo tale che le imbarcazioni possano raggiungere la riva. Che da Pacengo a Peschiera ci sia una zona paludosa lo si sapeva da tempo, ed alla luce di quanto sta accadendo, si sarebbero potute sfruttare le settimane di secca per una pulizia del lago che sarebbe stata molto più agevole.













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