Bruno Grigoletti, pioniere della viticoltura di qualità legata al territorio e al turismo
A Nomi, in una storica famiglia di contadini, un vignaiolo d’eccezione che a 87 anni è attivo in azienda e continua a riflettere su innovazione e creatività. «All'inizio degli anni '80 feci la mia scelta, dopo aver visitato alcune realtà francesi che puntavano già sul turismo del vino e sull’alta qualità dei prodotti, mentre in Trentino la vecchia mentalità premiava ancora la quantità»
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Per raccontare la storia numero due della nuova serie su “come eravamo”, ci siamo recati a Nomi, dove abbiamo incontrato un vignaiolo d’eccezione, 87 anni compiuti domenica scorsa, ma ancora attivo in azienda. Tutta la parte dei lavori in campagna, cominciando dalla potatura e fino alla vendemmia, è da sempre nelle sue mani sapienti ed esperte di vignaiolo doc.
Parliamo di Bruno Grigoletti, un esempio dell’evoluzione della nostra viticoltura negli ultimi 70 anni.
La storia della famiglia Grigoletti parte da molto lontano; eccola raccontata da Bruno: «Siamo contadini da sempre. Nel 1851 nasce mio nonno Federico, contadino in vigna, autore di un vino che invecchiava dieci anni in bottiglie immerse nella sabbia, “medicina” contro tutte le magagne passeggere. Sposato con Chiara, ebbe 4 figli. Lavorava 4 ettari di campagna, perlopiù a vigneto, ma gestiva anche l’allevamento del baco da seta e la produzione di frutta, ortaggi e legumi.
Presi in mano l’azienda da mio papà Ampelio nei primi anni ’50, con 2 ettari di proprietà e altri 2 a mezzadria nei comuni di Nomi e di Aldeno. Coltivavo i vitigni dell’epoca: Schiava, Rossara, Negrara, Franconia e Marzemino.
Io mi occupavo della vinificazione e mettevo il ramo d’edera fuori sul portone per indicare che il vino nuovo era pronto e si poteva finalmente vendere. Tra i clienti mantenni per 28 anni un commerciante che portava il mio vino nei masi dell’Alto Adige».
Accanto alla vita da contadino, Bruno ha dedicato 30 anni all’agricoltura trentina. Nel 1960 entrò da giovane contadino nel Club 3P di Nomi, per poi diventare presidente provinciale nel 1966, ruolo ricoperto per 12 anni. Durante il suo mandato si realizzarono mostre mercato di prodotti trentini nelle varie località territoriali, creando la Festa dell’uva, della fragola, delle mele e altri eventi, per valorizzare i prodotti agricoli. Senza dimenticare le affiatate ed emozionanti gimkane trattoristiche in giro per le valli trentine.
«Organizzavamo - racconta - anche corsi di formazione per nuovi imprenditori agricoli presso l’istituto agrario di San Michele all’Adige, al termine dei quali erano previsti viaggi studio all’estero per rafforzare le conoscenze acquisite e avere un confronto diretto con altre parti del modo agricolo».
Nel 1978 Bruno diventò presidente del Codipra e vice dell’Unione Contadini, mentre dal 1984 al 1991 ricoprì la carica di presidente dell’Unione Contadini (ora Coldiretti).
Dopodiché decise di lasciare tutte le cariche per dedicarsi alla sua attività di imprenditore agricolo. Nel 1987 sentì il bisogno di unire le forze tra le piccole cantine produttrici e fondò l’Associazione dei vignaioli del Trentino, con l’idea che l’unione fa la forza.
«Alla fine degli anni ‘70 - spiega - i viaggi studio dei giovani dei Club 3 P mi portarono in Alsazia, dove vidi come erano organizzati i piccoli vignaioli francesi che già facevano il turismo del vino e puntavano all’alta qualità dei loro prodotti.
Carico di questa nuova esperienza e con l’appoggio di mia moglie Aida, presi coraggio e feci il mio progetto di sviluppo aziendale, scegliendo da subito un giovane enologo, Renzo Grisenti, come consulente (lo stesso tuttora presente) e costruendo la nuova casa con annessa cantina e una sala assaggi, perché ero fermamente convinto che il vino dovesse essere conosciuto, capito, amato e venduto.
La mia fu una scelta audace, fatta in anni (inizio ’80) in cui la “vecchia mentalità” premiava la quantità a dispetto della qualità e, non da ultimo, dove altissimo era il costo del denaro per investire.
La qualità di un vino nasce in campagna, perciò prima di tutto decisi di migliorare i vigneti: estirpai le vecchie varietà esistenti e puntai all’impianto di nuove (a quel tempo) e pregiate varietà, come Chardonnay, Pinot Grigio, Merlot, Cabernet e Marzemino.
Decisi inoltre di migliorare il sistema di allevamento, affiancando alla tradizionale Pergola Semplice Trentina il Guyot e il Cordone Speronato.
Acquistai piccoli serbatoi in acciaio per la vinificazione separata di ogni vitigno e una piccola linea di imbottigliamento.
Nel 1983 decisi così di aprire la mia cantina e di proporla come meta turistica, creando un tour dei vini coinvolgendo anche i castelli della Vallagarina, grazie anche ai preziosi consigli dell’amico Carlo Bridi. Questo enoturismo d’avanguardia continua a premiare la mia intuizione, dato che ad oggi giungono in cantina numerosi turisti da diverse parti del mondo.
Con l’arrivo di mio figlio Carmelo in azienda, la produzione si è ulteriormente arricchita delle selezioni, tra cui Chardonnay L’Opera, il Retiko, il Merlot Antica Vigna, il Gonzalier e il San Martim, riservando sempre molta attenzione anche ai vini classici, espressione del territorio trentino, come il Marzemino.
Anno dopo anno ho realizzato diversi ampliamenti della cantina: la Caneva di Bacco e la Basilica del Vino in sasso per l’affinamento del vino in barrique, il Caveau del Merlot e il Tunnel delle Meravigne per la conservazione delle bottiglie e il Tempio Rosa, custode delle anfore di terracotta».
Il primo elemento che emerge nell’evoluzione di questa azienda è sicuramente l'aver legato il grande lavoro di produttore di vini al territorio trentino, portando avanti la tradizione famigliare con la costante idea di migliorarsi sempre stando a passo con i tempi.
Sono cambiati anche i gusti dei consumatori, e sono in maturazione nuovi progetti, tra cui la recente bollicina bianca e rosé da vino affinato in anfore di terracotta (trentine anche loro, prodotte da Tava di Mori) che stanno avendo sempre più successo e un interessante Spumante Trento Doc, al momento in maturazione ma con ottime prospettive di espressione dell’autenticità dello stile Grigoletti.
Un'altra scelta molto importante fatta da Bruno Grigoletti e dalla sua famiglia è stata quella di non stare mai fermi e adesso la sfida futura è dimostrare che i vini importanti, sia bianchi che rossi, sono in grado di raccontare la loro evoluzione in una affascinante collezione chiamata Grigoletti VIMtage che verrà raccontata prossimamente in esperienze di visita e degustazione previste nelle due nuove suggestive location realizzate appositamente e curate dai nipoti Federico e Martina, la quinta generazione Grigoletti.
Sono numerosi i riconoscimenti ricevuti da tutti i loro vini, anche quest’anno, sia per i classici che per quelli più importanti, segno che la qualità aziendale è molto alta e grande è lo stimolo e l’impegno di questa famiglia di proseguire su questa strada.