Scintille sulle ricette anti-crisi 

Il dibattito. Ieri l’inaugurazione del Festival dell’Economia. Al centro del dibattito la globalizzazione e le sacche di povertà che ha prodotto: Cipolletta: «Resistere a certe idee protezionistiche». Boeri: «Narrazioni non sempre oneste». Fugatti: «Servono soluzioni diverse»


Luca Petermaier


Trento. Globalizzazione risorsa della crescita o colpevole della crisi? il dilemma - che non ha risposta - è stato ieri al centro dell’inaugurazione della quattordicesima edizione del Festival dell’Economia. Nei giorni in cui l’Europa torna a richiamare l’Italia per il suo eccessivo debito e a pochi giorni dalla travolgente affermazione della Lega (sovranista) in Italia, proprio dei temi dell’economia globalizzata e delle nuove forme di rappresentazione si parlerà a Trento nei prossimi tre giorni.

Il tema è complesso e spesso divisivo. E questa distanza è emersa anche negli interventi di apertura, con un Innocenzo Cipolletta che ha parlato della necessità di resistere alla ricetta economica trumpiana dell’isolamento, così come il chief esecutive di Intesa San Paolo Gregorio De Felice ha auspicato che l’Europa torni a muoversi più unita e sappia «scaldare i cuori». Di contro la visione più “sovranista”, appunto, del presidente della Provincia Fugatti che ha ricordato come la globalizzazione sia arrivata troppo in fretta «senza che gli economisti né le élite l’abbiano saputa spiegare né temperare. Ora - ha detto - arrivano altri economisti, altri politici che la globalizzazione la affrontano in modo diverso, dando ai cittadini risposte diverse. Mancano di competenze? No, hanno un altro approccio».

L’ultima del sindaco.

« Il Festival - ha esordito il sindaco di Trento Alessandro Andreatta nella sua ultima apparizione alla kermesse da primo cittadino - è sempre stato una grande opportunità e una risorsa per Trento. Innanzitutto in termini di immagine, perché il Festival porta nelle nostre piazze l’ambizione per noi di essere una città che pensa, che riflette. È poi una risorsa in termini turistici e infine questo è un momento formativo e informativo di altissimo livello, una “lunga lezione” condotta da premi Nobel ed economisti».

Collini: «Festival per i giovani»

Secondo il rettore Paolo Collini, quello di quest’anno «è un tema che guarda molto ai giovani e al futuro che si apre davanti a loro. La globalizzazione offre spazi più ampi per potersi muovere, ma è anche una minaccia perché apre alla competizione».

Cipolletta: «Resistere»

Innocenzo Cipolletta, presidente di Assonime ha legato il pensiero politico a quello economico: «Ci sono momenti in cui i politici determinano una serie di idee che hanno poi un forte impatto sull’economia. È successo dopo la Seconda Guerra Mondiale quando vincitori e vinti si sono messi assieme per creare una collaborazione commerciale tra Stati. Questo ha prodotto una crescita forte, ma limitata solo ai paesi più sviluppati. La crisi del petrolio ha determinato un nuovo rimescolamento avviando il sistema alla globalizzazione che, a sua volta, ha fatto nuovi vincitori e vinti. E ora siamo noi, paesi più sviluppati, che ci ribelliamo di fronte alla crescita di paesi poveri (come la Cina) a discapito nostro, che invece nella globalizzazione non siamo cresciuti. Ed ecco di nuovo entrare in scena i politici con nuove idee: Trump che manda all’aria il multilateralismo ci sta portando oggi ad una situazione economica ancora diversa. C’è da augurarsi - ha concluso Cipolletta - che si tratti solo di una parentesi, ma a volte bisogna saper resistere a certe idee».

Una «guerra tecnologica»

Secondo Gregorio De Felice, chief economist di Intesa Sanpaolo, «la globalizzazione è stato uno dei maggiori motori di crescita degli ultimi 20 anni, favorendo anche le imprese italiane. Il problema è che non sono mancati gli effetti collaterali che i governi e le istituzioni sovranazionali non hanno saputo gestire, le cosiddette “esternalità negative” che hanno colpito soprattutto la classe media, bloccando la mobilità sociale. Tutte le previsioni sulla crescita globale mettono in primo piano i rischi del protezionismo, ma io penso che la guerra dei dazi sia il primo capitolo di una storia che racconta il tentativo di trovare nuovi equilibri tra due blocchi economici e penso che molto più importante della guerra commerciale sia quella tecnologica. Le prime 10 internet companies al mondo sono 7 americane e 3 cinesi, neanche una europea. Che ruolo vuole avere l’Europa in queste discussioni? L’Europa deve avere meno regole e tornare a scaldare i cuori».

Festival per pensare

Giuseppe Laterza ha riflettuto: «Una comunità non ci crea solo sulla base di interessi economici comuni, ma sulla base di valori e simboli comuni. E questo si ottiene con la discussione, il confronto, lavorando sull’opinione pubblica. E il Festival serve anche a questo».

Il direttore scientifico del Festival Tito Boeri, direttore scientifico che ha ribadito la soddisfazione per il «più internazionale dei Festival che finora abbiamo organizzato, con oltre 60 relatori esteri». Poi, come i suoi colleghi, ha riflettuto sugli effetti della globalizzazione, facendo in parte autocritica: «La maggior parte degli economisti ha sottovalutato gli effetti distorti della globalizzazione, come l’isolamento di certi pezzi di società: in un certo senso è come se stessimo tornando indietro alle Città- Stato, con un aumento sempre maggiore della distanza tra popolo ed élite».

Che cosa si può fare allora? «Trovare il modo di compensare i perdenti perenni, magari con forme di reddito minimo. Bisogna fornire più beni pubblici sul territorio, fuori dai centri urbani. Dobbiamo dare più democrazia alle popolazioni meno protagoniste del dibattito, ma bisogna anche raccontare le cose in modo più onesto, sottraendoci alla retorica che la colpa di chi sta male sia di chi sta peggio».

«Ce l’hanno spiegata male»

La chiusura dell’incontro è toccata al governatore Maurizio Fugatti: «La globalizzazione - ha spiegato - è arrivata troppo velocemente nel nostro sistema europeo. Se fosse stata temperata nel tempo, forse avremmo avuto conseguenze meno pesanti. Qualcuno dice che la classe politico-economica di oggi non ha più competenze? Forse sì, ma quelli che la globalizzazione ce l’hanno spiegata prima forse non hanno capito bene cosa stava accadendo. Oggi proviamo un approccio diverso».













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