Sanifonds, in Apss un terzo dice no

Zeni: «In 2500 su 8000 non hanno aderito». Ma difende il fondo: «L’obiettivo è attrarre altri settori oltre al pubblico»



TRENTO. Al 27 gennaio sono stati circa 2500 i dipendenti dell’Azienda sanitaria, su un totale di 8 mila, che hanno comunicato la volontà di non aderire a Sanifonds, il fondo sanitario integrativo territoriale nato su iniziativa delle parti sociali e partito con l’adesione del comparto pubblico provinciale. Si tratta di oltre il 31%. A fornire la cifra è l’assessore provinciale alla salute Luca Zeni, nella risposta ad un’interrogazione presentata il 12 gennaio scorso dal consigliere Claudio Cia (Civica Trentina). Ma i dati ufficiosi sarebbero ancora più alti, c’è chi parla di oltre 3 mila no nella sola Azienda sanitaria mentre Zeni comunica che al momento non sono disponibili i dati degli altri comparti.

Le difficoltà di partenza del fondo integrativo sono note da tempo e sul modello adottato la polemica politica è stata fortissima. A lanciare l’allarme sui rischi di Sanifonds era stata lo scorso ottobre, dalle pagine del Trentino, l’ex assessora provinciale alla sanità Donata Borgonovo Re che aveva duramente criticato l'inserimento nel "nomenclatore" di tante prestazioni sanitarie già garantite dal servizio pubblico. Era seguita a ruota l’assessora regionale al welfare Violetta Plotegher, che in autonomia aveva annunciato l’intenzione della Regione di ritirare il sostegno al progetto, sconfessata il giorno dopo dal presidente della Provincia Ugo Rossi che ribadiva: «Pensplan darà il supporto, la decisione è presa».

Da parte loro, Cgil, Cisl e Uil hanno sempre rivendicato che l’elenco delle prestazioni era stato concordato con l’allora assessora Borgonovo e «tarato sulla situazione della sanità trentina e su quanto prevedono i fondi integrativi nazionali e, per di più, è stato concepito in modo innovativo, in quanto Sanifonds interverrà per il 60% delle sue risorse a coprire prestazioni odontoiatriche e per la non autosufficienza».

Per l’adesione del personale della Provincia, degli enti strumentali della Provincia, dei Comuni, delle Comunità e delle Aziende Pubbliche di Servizi alla Persona, appartenenti ai vari comparti di contrattazione (Comparto Autonomie locali, Comparto Scuola, Comparto Sanità, Comparto Ricerca) la Provincia ha stanziato 5,25 milioni di euro all'anno (128 euro a dipendente). Il fondo è alimentato con risorse contrattuali che non vengono prelevate dal salario dei lavoratori, ma versate appunto dalla Provincia, che aveva dato tempo ai dipendenti fino all’11 gennaio (la data è poi stata prorogata al 31) per comunicare l’eventuale non adesione. In caso contrario il lavoratore è iscritto d’ufficio, non dovendo versare nulla, anche se - come è stato chiarito - la decisione di non aderire al fondo può essere manifestata dal dipendente in qualsiasi momento, così come il lavoratore potrà scegliere di aderire successivamente.

Ma proprio nel comparto sanità - dove due sindacati, Nursing Up e Uil, non hanno condiviso il varo di Sanifonds - i no sono arrivati in misura più che massiccia, a sfiorare un terzo dei dipendenti. Monica Ioris, infermiera, aveva pubblicamente espresso la sua forte contrarietà alla scelta di «finanziare con risorse pubbliche un fondo assicurativo sanitario su base privatistica ad uso dei dipendenti pubblici».

Così l’assessore Zeni risponde sul punto nell’interrogazione a Cia: «La Provincia ha aderito a questa iniziativa facendosi parte attiva nella costituzione del Fondo e provvedendo a dotare il pubblico impiego provinciale dell’istituto della sanità integrativa di cui era sprovvisto. Il comparto pubblico è il primo ad aderire ma tra gli scopi di Sanifonds vi è quello di attrarre molti altri settori con il fine di trattenere le risorse che i contratti collettivi destinano a questo scopo sul nostro territorio. Inoltre un cospicuo fondo sanitario integrativo faciliterà lo sviluppo di politiche di sostegno alle necessità sanitarie della popolazione con particolare riferimento alla non autosufficienza». Detto dei numeri della sanità, si tratterà ora di capire - sui 39 mila dipendenti pubblici trentini - quante saranno le adesioni, e dunque con quali gambe il nuovo fondo potrà partire.

(ch.be.)

©RIPRODUZIONE RISERVATA













Scuola & Ricerca

In primo piano