Agricoltura

Il Trentino come nuovo distretto biologico? Arriva l’ora del referendum

Fra poco più di due settimane i trentini saranno chiamati ad esprimersi su una “rivoluzione” che porterebbe numerosi cambiamenti (ma anche problemi)


Carlo Bridi


TRENTO. Fra poco più di due settimane, domenica 26 settembre, i trentini saranno chiamati ad esprimersi sul referendum indetto da un comitato eterogeneo di associazioni per trasformare il Trentino in un distretto biologico.

In linea teorica l’obiettivo può anche stare in piedi ma nella realtà cozza contro ostacoli oggettivi in un’agricoltura come quella trentina molto varia e con limiti tecnici alla trasformazione di tutte le aziende in biologiche.

Sicuramente la posizione non favorevole del mondo agricolo alla trasformazione del Trentino tutto in un distretto biologico è anche frutto di qualche mossa sbagliata da parte del comitato che è partito senza prima un vasto e serio confronto privo di ideologismi e di etichette politiche con le organizzazioni professionali agricole e con le Associazioni dei produttori e più in generale con la cooperazione agricola. 

Un confronto serio scevro da incrostazioni ideologiche, ma sui problemi e le difficoltà tecniche nel produrre tutto in tutte le zone del Trentino con il metodo biologico avrebbe dovuto essere alla base del confronto.

Ora, siamo in piena campagna elettorale con il comitato promotore che organizza incontri sul territorio ovviamente per invitare gli elettori ad andare a votare e a votare sì. Il primo ostacolo da superare è quello del quorum, devono infatti andare a votare almeno il 40% degli aventi titolo ed ovviamente la maggioranza si deve esprimere per il sì.

Il quesito

Questo il quesito sul quale gli elettori trentini saranno chiamati ad esprimersi: “Volete che al fine di tutelare la salute, l’ambiente e la biodiversità, la Provincia Autonoma di Trento disciplini l’istituzione su tutto il territorio agricolo provinciale di un distretto biologico, adottando iniziative legislative e provvedimenti amministrativi- nel rispetto delle competenze nazionali ed europee- finalizzati a promuovere la coltivazione, l’allevamento, la trasformazione, la preparazione alimentare e agroindustriale dei prodotti agricoli prevalentemente con metodi biologici, ai sensi dell’art. 13 del decreto legislativo 228/2001, e compatibilmente con i distretti biologici esistenti?”

La delicatezza del tema

Non c’è dubbio alcuno che con questa proposta si entra nel vivo dello stesso futuro della nostra agricoltura e non solo. Infatti il tema della sostenibilità non riguarda più solamente il comparto agricolo e quello degli allevamenti, ma tutti i comparti produttivi, senza dimenticare tutte le nostre scelte quotidiane. Ciò in quanto è dimostrato che le attività economiche sono le maggiori responsabili dell’impazzimento del clima al quale stiamo assistendo. È per questo motivo che il tema va affrontato con grande attenzione, la massima serietà e la competenza necessaria.

Se si raggiungerà il quorum e prevarrà il sì prevarrà, secondo il presidente del comitato promotore, Fabio Giuliani, la Provincia si dovrà attivare sul piano legislativo e si dovrà attivare un tavolo di confronto fra tutte le componenti interessate.

A ben guardare, si partirà la dove si è registrata la mancanza di dialogo per la carenza di volontà da parte del comitato secondo i rappresentanti dei produttori, posizione opposta quella del comitato che afferma che ci sono stati due incontri ma che non hanno sortito nulla.

Alla critica dei produttori sul fatto che è impossibile far diventare tutto il Trentino biologico, il presidente afferma: «Siamo coscienti tant’è che il nostro obiettivo per i prossimi 10 anni è quello di raggiungere il 50%. Ma oggi siamo al 6% e l’UE punta al 25% per il 2030».

Ma non solo, esiste anche un altro problema che è fondamentale per i produttori: quello di un’adeguata remunerazione dei prodotti ottenuti con il metodo di agricoltura biologica. Il mercato ha le sue logiche che si basano sulla domanda e l’offerta di un certo prodotto, ma non solo, anche sulle mode, e non da ultimo sui problemi legati alla capacità di acquisto da parte dei consumatori.

È noto infatti che da un paio d’anni, complice probabilmente anche il minore potere d’acquisto dei consumatori, causa Covid 19, i prezzi dei prodotti biologici liquidati ai produttori difficilmente riescono a coprire i maggiori costi di produzione che com’è noto hanno i prodotti biologici. 













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