Giovani protagonisti

I fratelli Pelz e il loro gioiello: una cantina tutta sottoterra in valle di Cembra

Diego, Michele e Franco e una passione diventata presto lavoro. «Puntiamo sul biologico, che in valle è davvero una scelta estrema»


Carlo Bridi


CEMBRA. La storia che raccontiamo oggi viene dalla valle del Müller Thurgau, un vino che particolarmente grazie ai viticoltori cembrani e alle loro cantine è diventato famoso in tutto il mondo.

Ebbene, nel capoluogo della valle sono cresciute delle realtà nel comparto vitivinicolo che sono veramente interessanti dando anche lavoro e quel che più conta, prospettive di reddito a diverse giovani famiglie.

È questo il caso anche dei fratelli Pelz, che dal papà Giovanni e dalla mamma Fernanda (per mezzo secolo punto di riferimento del gruppo “Donne Rurali”) hanno ereditato la passione per la viticoltura, ma dall’enologo della Cantina Sociale, anche la voglia di mettersi in proprio provando a valorizzare meglio la loro produzione.

Sono i fratelli Diego, Michele e Franco, che allo studio sui libri hanno preferito il lavoro della terra. Hanno così lasciato la Cantina sociale e si sono costruiti una cantina propria, di 1000 metri quadrati, tutta sottoterra su due piani, un vero gioiello. Ma nel contempo hanno rinnovato i vigneti, nove ettari, tutti in proprietà, mettendo a dimora solo varietà elette, il Müller Thurgau e lo Chardonnay rappresentano da soli il 60% della produzione, il Pinot Nero, il Lagrain, il Risling, il Kerner, il Rieslig Renano e la Schiava rappresentano il resto 40% della produzione. La conservazione e l’affinamento avvengono in serbatoio di acciaio e in barrique. 

Al fine di valorizzare al massimo la qualità ogni varietà è stata messa a dimora nell’appezzamento più vocato, così il Müller Thurgau viene dalle vigne di Valfraja e Valmorta, il Pinot Nero viene dalla Vigna Mosinaga, il Kerner dalla vigna Valfraja; un passito veramente eccezionale, il 10 vendemmie, viene dalla località Fontana, come il Rieslig Renano. Per concludere con la Schiava ottenuta nella Vigna Valvalè. Anche la Schiava, in passato conosciuta come vinello con basse produzioni e coltivazione adeguata è un signor vino.

L’organizzazione aziendale  

In tutto al lavoro c’è una squadra di 5 persone: i 3 fratelli, il papà e la mamma sono impegnati a tempo pieno, le mogli invece lavorano fuori azienda. L’azienda dispone di nove ettari di vigneti e di un ettaro di mele. Inoltre i fratelli svolgono attività di coltivazione di altri dieci ettari di vigneti sopra Cognola, di due soci della Cantina di Trento. Un lavoro che svolgono da quasi vent’anni con comune soddisfazione.

Come detto agli inizi degli anni Duemila hanno iniziato la costruzione della cantina propria introducendo un criterio di produzione che punta decisamente sulla qualità riducendo drasticamente la produzione ettaro. Si va dai 40 quintali/ettaro di uva del Pinot Nero e Traminer, per arrivare al massimo di 100 quintali per lo Chardonnay e il Muller Thurgau. Nella loro attività di vinificazione sono assistiti fin dall’inizio da un enologo, che lasciata la Cantina Sociale, si è messo in proprio.

Siamo in presenza di una Sas formata dai tre fratelli con Diego che è il legale rappresentante. Ma Michele, è di fatto quello che più degli altri due si occupa di cantina. Quarantotto anni, con una bella famiglia di ben quattro figli, Michele ha frequentato con profitto il corso delle 600 ore organizzato dalla Fondazione Mach. «Un corso molto interessante», dice lui. Michele ha ottenuto il premio d’insediamento, premio che è diventato la base delle risorse per costruire la nuova cantina.

Forte della sua esperienza, Michele lancia una proposta: «Sarebbe molto meglio che il premio d’insediamento fosse concesso sotto forma di mutuo a lungo termine e basso interesse ma di una cifra più consistente, così si favorirebbe molto meglio l’avvio dell’attività dei giovani in campagna».

Un aspetto che emerge subito all’incontro con i fratelli, è la grande intesa fra di loro sotto la sensibile regia di mamma e papà.

Siamo di fronte ad un’azienda certificata biologica già nel 2020 a dimostrazione della grande sensibilità nei confronti dell’ambiente da parte dei tre fratelli Pelz. «Una scelta molto impegnativa quella biologica», afferma Michele, «particolarmente in valle di Cembra dove la viticoltura è definita eroica, ebbene quella biologica è estrema. Noi siamo convinti che in futuro se vogliamo lasciare ai nostri figli un pianeta vivibile, dobbiamo andare diritti verso un’agricoltura più sostenibile e il biologico è la strada ad oggi migliore. Questo, anche se la certificazione bio non ci ha portato a nessun aumento dei prezzi».

Fra i progetti futuri quello di aumentare la vendita del vino in bottiglia, che oggi si aggira sulle 25 mila bottiglie e va in tutto il nord Italia. Questo sarà possibile man mano che le viti raggiungono i 7-8 anni di età e che pertanto danno un’uva più fine.

Ma si punta anche ad aumentare la produzione del Trentodoc che oggi si ferma a 2.500 bottiglie: «Quest’anno raggiungeremo le 3.500 ma puntiamo a seimila mentre dodicimila le produciamo per conto terzi e vengono vendute solo dopo quattro anni d’invecchiamento. Quest’anno dovremo mettere in bottiglia il 60% del nostro prodotto che si ferma ai 700 quintali di uva di media sui 9 ettari, mentre il resto in parte va in damigiane, in parte va alla Ferrari e una piccola parte viene venduto sfuso».

«L’uva quest’anno, a parte una grandinata non pesante, si presenta molto bella e ad oggi non abbiamo problemi di scarsità d’acqua grazie all’irrigazione a goccia», conclude Michele.













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