Gorizia, la barriera antivirus che ricorda la Cortina di ferro

A Gorizia è tornata la Cortina di Ferro. È finito il lockdown ma Gorizia e Nova Gorica sono ancora divise in due come ai tempi di Tito. Due comuni ma un unico agglomerato: Gorizia in Venezia Giulia,...


Paolo Tessadri


A Gorizia è tornata la Cortina di Ferro. È finito il lockdown ma Gorizia e Nova Gorica sono ancora divise in due come ai tempi di Tito. Due comuni ma un unico agglomerato: Gorizia in Venezia Giulia, Nova Gorica in Slovenia. A marzo le autorità slovene hanno posizionato una recinzione fra i due abitati per frenare il passaggio di italiani e sloveni ed evitare il contagio da Coronavirus. Da più di tre mesi amici, famiglie e cittadini si parlano da una parte e dall’altra della rete in piazza della Transalpina, nel cuore dell’area urbana. Rimangono, dunque, separate le due città come prima di 16 anni fa, quando furono tolti i controlli al confine e abbattuto il muro e la recinzione metallica: era il 12 febbraio 2004. Il tempo sembra tornato indietro, a quei giorni. Quando piazza Transalpina, in pieno centro città, era divisa da 57 anni. Era il simbolo della divisione: da un parte il comunismo di Tito, dall’altra l’Italia capitalista. Una divisione anche sotto il profilo ideologico. Il muro di Gorizia era paragonato a quello di Berlino. Un simbolo ideologico. Dal 12 marzo di quest’anno per andare in Slovenia si passa per il valico di Sant’Andrea ma gli agenti di polizia controllano la temperatura e i documenti d’identità come 16 anni fa. Rimangono chiusi tutti gli altri accessi della fascia goriziana. È pur vero che altri Stati hanno chiuso le frontiere, ma a Gorizia sono tornate alla memoria le ferite del passato.

La città di Nova Gorica sorse, infatti, dopo la separazione fra Italia e Jugoslavia nel secondo Dopoguerra. Nella memoria dei goriziani uno dei simboli più evidenti della Guerra fredda fu la Stella Rossa collocata sul frontone del palazzo della stazione ferroviaria, annessa alla Jugoslavia, accompagnata dalla scritta in sloveno "Mi gradimo socializem", noi costruiamo il socialismo. A seguito dell'indipendenza slovena, nel 1991, venne dapprima addobbata come una stella cometa in occasione del Natale e poi rimossa. Oggi è conservata all'interno della stazione.

Il traffico ferroviario tra Italia e Slovenia è interrotto e da mesi sono stati chiusi anche i valichi confinari: tra Friuli-Venezia Giulia e Slovenia ne restano aperti soltanto sei, presidiati dalla polizia e da equipe mediche. Tutti gli altri sono stati chiusi con blocchi di cemento, transenne o addirittura semplici massi: erano più di cinquanta, incontrollati e liberi, fino a poco tempo fa. Con grossi problemi anche al traffico delle merci. Il presidente del Friuli, Massimiliano Fedriga, ha usato toni pesanti chiedendo la riapertura immediata del traffico merci altrimenti “potrebbero danneggiarsi irrimediabilmente i rapporti tra Italia, con il Friuli Venezia Giulia in testa, e Slovenia”. E qualcosa si è mosso. Più articolate le dichiarazioni del sindaco di Gorizia, Rodolfo Ziberna, che ha criticato il muro ma ha disapprovato i cittadini che andavano oltre confine solo per motivi di svago.

Alla fine della Seconda guerra mondiale passare da uno Stato all’altro era impossibile. Il confine, nel 1947, era stato tracciato sulla carta creando non poche situazioni monstre. Gorizia era stata lacerata, separata dalla maggior parte della sua regione complementare e, persino, da una consistente porzione della sua periferia, dove sarebbe cresciuta la nuova realtà urbana jugoslava di Nova Gorica. In certi tratti la linea di confine scorreva in mezzo ai rioni, attraversava i giardini, tagliava a metà le case. Tremendo l’esempio del paese di Merna, con il cimitero diviso in due, i funerali si svolgevano alla presenza di soldati armati e le bare venivano sospinte da uno Stato all’altro.

La grande piazza della Transalpina era stata divisa in due. Inaugurata da Francesco Ferdinando d’Asburgo nel 1906, quando i sudditi dell’impero giravano mezza Europa senza passaporto, era stata tagliata a metà da un muro di calcestruzzo e da una rete metallica: da un lato Gorizia italiana, dall’altro Nova Gorica jugoslava. Poteva varcare il confine solo chi abitava in un raggio di cento metri o i proprietari che si trovavano coi propri terreni divisi tra uno Stato e l’altro. Nel 1955 i primi accenni di pacificazione: più di 50 piccoli valichi furono aperti e la popolazione residente nel raggio di 10 chilometri dotata di lasciapassare. Poi il trattato di Osimo nel 1975 e quindi la dissoluzione della Jugoslavia con la nascita della nuova Repubblica slovena e, infine, Schengen che vide, nel dicembre 2007, l’ingresso nello spazio europeo comune della Slovenia. E con l’Europa le sbarre di confine si alzarono in una serata di commozione. Forse la barriera verrà rimossa proprio oggi, lunedì 15 giugno. Muri e barriere che nessuno avrebbe più voluto. Effetti collaterali da Coronavirus.













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