La “Selva di Monte Baldo” scrigno di vita e leggende 

Avio, presentato il volume che racconta le vicende legate a Madonna della Neve  Gli autori: «Abbiamo un grande debito di riconoscenza nei confronti di Libera»


di Flavio Rudari


AVIO. Auditorium gremito per la presentazione del volume “ Selva di Monte Baldo” che gli autori Sandro Dalbosco e Alvise Salvetti hanno voluto dedicare allo storico Giovanni Libera nel suo cinquantesimo anniversario dalla morte. «Riteniamo - hanno sottolineato gli autori- di avere un grande debito di riconoscenza nei confronti di Giovanni Libera per l’aiuto ed il contributo fornito dai suoi scritti nella stesura di questa ricerca ed il nostro lavoro vuole essere un deferente omaggio ad un uomo che ancora oggi rimane un pilastro della ricerca storica aviense e lagarina». Considerazioni condivise del pubblico sottolineate con un lungo applauso mentre alle figlie dello scomparso, Gliceria ed Elena, è stato donato il volume edito dall’associazione culturale “I Quattro Vicariati”. La Selva di Monte Baldo, antico toponimo della zona di Madonna della Neve è una montagna ricca di fascino che custodisce piccole e grandi storie - come ha sottolineato nella proposta editoriale la presidente dell’associazione Maria Mila Cavazzani - che gli autori hanno voluto ricordare, riprendere ed approfondire per accompagnare il lettore in una sorta di viaggio a ritroso nel tempo. Il primo a scrivere su argomenti specifici della Selva fu, nel 1935, il concittadino Perotti Beno ed accanto a lui l’altra colonna della storiografia aviense Giovanni Libera. Sicuramente del mistero del “Cesiol” ne hanno sentito parlare tutti gli aviensi: in quell’area la leggenda racconta che prima dell’attuale costruzione della chiesetta di Madonna della Neve in zona esistesse un piccolo convento ed un’altrettanta moderata chiesetta. Un convento montebaldino, scrisse Perotti, che sarebbe citato in un testamento redatto nel 1339 a Trento e che sanciva un legato a favore del convento stesso da Federico della Scala genero di Azzone di Castelbarco. Secondo le ricerche di Perotti in sostanza si trattava proprio di quel piccolo romitaggio con annessa la chiesa di Santa Maria di Monte Baldo al quale Ludovico di Castelbarco donò nel 1432 una statua della Madonna dell’Addolorata trasferita di gran fretta dai ferraresi a Spiazzi quando la chiesetta venne rasa al suolo da una imponente slavina. Libera però non condivide questa interpretazione del “Cesiol” affermando che non era mai esistito un convento, e quello rintracciato dagli storici nei documenti antichi del Monte Baldo viene, dagli stessi, legato al santuario della Corona. Dalbosco e Salvetti sull’argomento hanno fatto minuziose ricerche consultando anche antiche mappe custodite all’archivio di Stato a Venezia ed in effetti, per farla breve, danno ragione alle conclusioni di Libera. Nel volume si parla poi della storia e delle vicende legate alla chiesetta di Madonna della Neve, delle funzioni religiose e dei faticosi pellegrinaggi, della vita che scorreva in quota, degli alpeggi e della dura vita dei “carboneri”. Nella parte finale una lunga carrellata di interessanti immagini.

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