L’altopiano di Folgaria: «No alla Valdastico» 

La serata al cinema Paradiso. Tutti contrari all’opera. Il sindaco Rech: «Siamo preoccupati per le risorse idriche e l’impatto sul paesaggio». L’antropologo Salsa: «Progetto nato vecchio»


FABIO MARZARI


Folgaria. È da metà anni sessanta che sull'altopiano si parla della Valdastco Nord, allora ironicamente denominata Pirubi, acronimo de tre leader politici che la propugnavano strenuamente, Piccoli, Rumor e Bisaglia. Allora si parla di uscire a Caldonazzo passando sotto il lago di Lavarone, la qualcosa stimolava preoccupazioni circa un eventuale svuotamento del lago medesimo. I geologi indagarono il territorio per mesi. Si arriva ai giorni nostri con il Comitato No Valdastico Nord che si schiera decisamente contro l'opera. L'altra sera hanno coinvolto la gente dell'altopiano con dati e valutazioni appropriate. Il sindaco Michael Rech interviene per primo schierandosi per il no secco. «Il Comune è super partes ma deve fare scelte come ogni organo politico. Siamo preoccupati - racconta - sia per le riserve idriche delle acque nere, vitali per gli acquedotti dell'altopiano, che per l'aspetto paesaggistico della valle del Leno. Non si capisce il percorso tortuoso che si dirige a nord per poi svoltare a sud. Noi abbiamo bisogno di strutture di viabilità alternativa inserite in un progetto strategico». Il giornalista Marco Milioni si diffonde sulla storia della concessione. «Questa segue le grandi opere del quadrante veneto ed è totalmente in mani private». La volontà della sua realizzazione discende dalla necessità del rinnovo della concessione della Brescia-Padova, impossibile da ottenere senza l'investimento degli utili. Quell'autostrada è nata come proprietà pubblica quindi a seguito di indebitamenti cospicui passo dopo passo è passata ai privati fino ad arrivare alla governance della spagnola Abertis e al gruppo Atlantia di Benetton. Insomma c'è di mezzo il rinnovo della concessione di un'autostrada, come la A4, di facile gestione per la conformazione del territorio e con lauti utili. Una questione di business e struttura inutile, come la consorella Valdastico Sud verso Rovigo, sempre deserta. Crolla la valutazione tecnica e quella utilitaristica visto il deserto di macchine che la frequenterebbe. Impressionano i dati tecnici forniti da Massimo Stoffella. «Ci si dica a cosa serve se il traffico della Valsugana per l'80% è interno e solo il 20% proviene dal Veneto. Cosa sgraverebbe la A31? Nulla. Un miliardo e novecento mila il costo. I lavori durano 5 anni, per realizzare 32 chilometri in galleria e 3 su ponti. Nove milioni di metri cubi di scavo, 46 mila camion percorrerebbero la valle di Terragnolo, 133 al giorno, uno ogni 4 minuti e 36 secondi. Nessun studio di impatto sulla popolazione. Si parla solo degli animali e si conclude che se non possono sopportare l'urto, afferma, è sufficiente che si spostino. È così anche per gli uomini?» Si chiede, allora è previsto anche lo spopolamento della valle? «Badate - conclude - che dalla sorgente Acque Nere si pompano oltre un milione di metri cubi d'acqua all'anno da distribuire su tutto l'altopiano, e quella sorgente è ad alto rischio». L'antropologo che insegna alla Trentino School of Management e rappresenta la Provincia nel Comitato della Commissione Unesco, Annibale Salsa, racconta che non serve essere contro le opere, non si ferma il progresso, si tratta di eseguirle in modo giusto quelle che servono. «Si sta proseguendo la politica degli anni 50, sostenuta da Valletta, con l'intento di vendere più macchine. Guardiamo alla Svizzera ma anche all'Alto Adige, dove ci si dirige verso la rotaia e la fune. Ormai la Svizzera si visita tutta senza salire in macchina». Interessante la risposta fornita a chi chiede quale turismo per l'altopiano. «Turismo esperienziale che non collide con lo sci. Folgaria è vocata allo sci, ma non tutto il territorio lo è. Inoltre lo sci è un settore maturo, gli utenti calano nel mondo e anche in Italia. Facciamo convivere lo sci con un turismo che vuole guardare e anche vedere. Ormai l'esotico è il fuori porta».















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