la campagna vaccinale

Vaccinazioni, il caso del Trentino: la fortuna di essere nati nel 1971

Mentre in altre regioni si vaccinano gli under 30 o c’è il via libera a tutti come a Bolzano, una domanda attanaglia i quarantenni trentini nelle loro chiacchiere al bar o in ufficio: «Quando toccherà a noi?». Colpa delle differenti strategie decise da Provincia e Azienda sanitaria

QUI BOLZANO: basta con le fasce d'età, prenotazioni aperte a tutti


Gianluca Marcolini


TRENTO. C’è una domanda su tutte che primeggia nelle chiacchiere (a dovuta distanza Covid) in ufficio con i colleghi di lavoro, a casa con i propri familiari, al bar con gli amici, e non riguarda certo il nome dell’allenatore che sostituirà Antonio Conte sulla panchina dell’Inter. L’interrogativo sulla bocca di quasi tutti i quarantenni trentini è uno solo: «quando toccherà a noi?».

Il riferimento, ovviamente, è alla vaccinazione anti Covid. Ed è una domanda del tutto giustificata, visto che nel resto d’Italia la campagna vaccinale, quasi ovunque, ha già ricompreso almeno i quarantenni. Anzi, in alcune regioni (vedi Lombardia, Sicilia, Liguria) si è già pronti a vaccinare anche gli under 30 mentre l’Alto Adige, notizia di queste ore, ha tolto le fasce d’età aprendo le vaccinazioni a tutti i cittadini, indistintamente. Il Trentino, stavolta, marcia da solo. E lo fa più lentamente degli altri. Il perché è presto detto: Azienda sanitaria e Provincia hanno scelto di vaccinare preminentemente gli over 50 (ovvero chi è nato fino al 31 dicembre del 1971), con l’obiettivo di immunizzare il più possibile le fasce d’età maggiormente a rischio in caso di contagio e che maggiormente abbisognano di cure ospedaliere, con tutto quello che ne concerne in termini di “pressione” cui vengono sottoposti i nosocomi.

La strada trentina ha quasi portato al completamento (manca poco) del ciclo di vaccinazione degli ultra ottantenni (l’80% ha già ricevuto le due dosi, dati Gimbe freschi di stampa), mentre per quanto concerne le altre due fasce d’età più a rischio, il Trentino è fra le regioni-provincie che hanno somministrato il maggior numero di prime dosi (il 65% della popolazione fra i 70-80 anni; il 68,5% fra i 60-70 anni) ma anche fra quelle rimaste più indietro nella fase di completamento dell’intero ciclo di somministrazioni (il 19,7% dei trentini, fra i 70-80 anni d’età, ha ricevuto le due dose, addirittura il 7,8% fra chi ha dai 60 ai 70 anni). La strategia è chiara e punta a ottenere la copertura garantita dalla prima dose (che consente comunque una buona immunizzazione, anche se non totale) della più larga fetta possibile degli over 60.

Nelle altre regioni è stata imboccata una via differente. Il Veneto, ad esempio, ha percentuali inferiori rispetto alla sola prima dose somministrata ai cittadini ma vanta numeri più alti relativamente al completamento dell’intero ciclo vaccinale. Significa che si è optato per vaccinare parzialmente meno gente ma una fetta più larga di popolazione in maniera completa. Ma soprattutto si è scelto di vaccinare anche gli under 40. E lo stesso ha fatto Lombardia, Liguria e molte altre regioni dove già si parla di vaccini per i trentenni.

E così la domanda che si pongono i quarantenni trentini è una sola: «quando toccherà a noi?».













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