Zanella: «I giovani? Non votano perché delusi dalla politica» 

L’esponente M5S candidato al Senato a Trento e nel listino «Noi siamo i soli che possono dare loro un’idea di futuro»


di Gianpaolo Tessari


TRENTO. Candidato al Senato, in doppia veste. Già perchè Cristiano Zanella, volto ormai storico dei Cinquestelle, corre sia per il collegio di Trento che nel listino bloccato per palazzo Madama. Un nome uscito dalle Parlamentarie ma anche da una frequentazione di un Movimento ancora nel bozzolo, «quando il meetup era trovarsi in dieci, a casa d’amici» osserva.

Zanella quale Trentino sta vedendo in questo primo scorcio di campagna elettorale?

«Incontro molta gente sfiduciata nei confronti della politica. Persone che non vedono un’ idea di futuro: tocca a noi del M5s fare capire che noi abbiamo una visione di futuro e che siamo gli unici credibili».

E qual è uno dei temi sui cui, in quest’ottica, vi state spendendo?

«A me, a noi, sta molto a cuore la questione del lavoro per i giovani. Dalla legge Fornero in avanti, tutto quello che è stato fatto ha reso ancora più difficoltoso l’accesso al mondo del lavoro dei giovani, soprattutto allungando l’età della pensione. E questa sfiducia dei più giovani, delle persone sino a 30 anni, si traduce nel fatto che poi non vanno nemmeno a votare. Sì, per l’amarezza di questa situazione e, in parte, anche perchè non viene insegnata loro l’educazione civica, il fatto che il voto sia un diritto ma anche un dovere».

Lei lavora in aziende private, non è un dipendente pubblico.

«Io sento infatti molto vicino a me il discorso della burocrazia e dei tanti adempimenti inutili che, di fatto, si traducono in tasse inutili per le imprese. Ci sono aziende che invece che concentrarsi sul proprio business debbono lavorare per stare al passo con la burocrazia. Questo, rispetto al resto d’Europa, è un freno per l’economia. Ci sono le tasse ma garantiscono servizi adeguati».

Questo è valido per la burocrazia statale. Ma con l’amministrazione provinciale la situazione è migliore?

«C’è forse un rapporto più diretto. Ma attenzione, qui siamo pochissimi rispetto all’Italia: il Trentino ha la popolazione di un quartiere di Roma. Con queste proporzioni numeriche dovremmo essere anni luce più avanti. La burocrazia qui potrebbe essere molto migliorata. Ed il discorso sui numeri del Trentino vale anche in altri ambiti».

A che cosa si riferisce?

«Al fatto che qui da noi si pensa di essere al centro del mondo ma il Trentino in Europa non lo conosce nessuno. Questo dell’autoreferenzialità è un atteggiamento dannoso, lo vediamo poi anche sui dati della povertà. I dati, rispetto ad analoghe realtà europee, non sono incoraggianti, anzi. Lo scivolamento verso la povertà è molto più veloce rispetto ad altri territori».

Come contrasterebbe questa realtà?

«Rendendoci conto che non siamo i migliori e andando a prendere le “best practice”, altrimenti nel giro di 15/20 anni il declino è inevitabile. Temo che si torni ad un Trentino come era nel dopoguerra».

Addirittura?

«Beh, stiamo perdendo il treno. Rispetto all’Alto Adige che ha fatto una politica lungimirante, con grande cura del territorio, del sistema impresa. Il Trentino è fermo ai soliti schemi: si danno soldi alle imprese per convincerle a rimanere qui ma non è un approccio che alla lunga porta frutti. Alle imprese sarebbe più utile fornire servizi. Investendo su attività che hanno bisogni di logistica e di movimentazione noi siamo perdenti, qui siamo in montagna».

Che tipo di osservazioni state raccogliendo sul tema dell’immigrazione?

«La gente si sente meno sicura: ma perché tutta la parte dell’immigrazione irregolare è nascosta. E quello che non si conosce genera timori. Noi del M5s, se parliamo di immigrazione regolare, siamo per un’accoglienza diffusa. Invece anche in Trentino i centri sono concentrati: sembra che anche da noi, per certi versi, l’immigrazione sia un business».

Crede davvero?

«Non a livello di quanto avviene in altre parti d’Italia ma questo tenere gli immigrati concentrati fa pensare che ci possano essere, da parte di qualcuno, interessi di altro tipo».

Lei è nei Cinquestelle dall’inizio: il Movimento ora si dice pronto a governare.

«Io mi sono riproposto perché ora il partito può realizzare un sogno: quello di portare gente competente in Parlamento, che tiene fede a quello che dice».













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