Wailers, il reggae è sempre vivo

Nessuno ha potuto stare fermo con i compagni di viaggio di Marley



LEVICO. Intenso e caldo è stato il concerto dei The Original Wailers che domenica sera ha richiamato sotto il palco circa cinquecento persone al Palalevico decretando così un altro colpo messo a segno da Palalevico, Piattaforma eventi, Nota Bene e Centro Santa Chiara Musica d'autore, a testimonianza di come se i collabora i frutti si vedono. Il concerto è stato aperto da Anansi, Stefano Bannò, che in acustico ha scaldato il pubblico in maniera egregia.
Anansi ha dedicato la sua "Il sole dentro" alla filosofia reggae: ogni luogo è adatto per cantare un messaggio positivo di amore.
Rientrato in giornata da Lecce il giovane cantautore trentino si è lasciato andare alle sonorità più reggae del suo repertorio e poi assieme ai Buffalo Soldiers, la band che lo segue anche in tournee, si è mescolato al pubblico per ballare ogni nota della band di Bob Marley.
Solo "ciao" e "grazie Italia!" sono le parole in italiano che hanno pronunciato gli Original Wailers, ma la musica non ha bisogno di traduzione se ti cattura e non ti permette di sottrarti a farla tua.
Così già dopo la prima canzone non c'era chi al Palalevico non si sia sottratto a ballare al ritmo della Giamaica. In repertorio "Rastaman Vibration", "War" e l'attesa e applaudita "Stir t up". Il loro ritmo che spazia tra il reggae, la roots music e le sonorità rock convincono come i testi e l'intenzione che traspare si portano dietro assieme a tanto mestiere acquisito palco dopo palco.
Per l'ultima data italiana, infatti il pullman nero con tanto di teschio disegnato sopra sta per varcare il confine e li porterà in Francia, Austria, Svizzera e Norvegia, non si sono fatti mancare davvero niente e se anche lì sotto al palco di Levico non c'era una folla loro hanno tenuto per tutto il concerto il contatto con il pubblico dialogando, giocando e coinvolgendo con musica, parole e lo slogan Peace and Love. E allora parte "Forever Loving Jam", "We are the Children" e poi "Pimpers Paradise" ma anche "Jutice" e "Dangerous". Non si può non rimanere affascinati dalla chitarra di Al Anderson che impreziosisce con il talento e la tecnica ogni motivo e i suoi assoli da virtuoso.
Ed è un momento di vero ritmo e godimento la batteria di Paapa Nyarkoh che si prende la scena per un tempo che non vorresti finisse mai per l'estro del musicista, quando Desi Hyson e Junior Marvin cuore e anima della band, gli lasciano il palco. In un crescendo di ritmo e calore la band si concede "Three little Birds", "Black Bird Flay", Heathen" e "Jammin" enza scordare "love supposed to do" ed "Exodus". Sul finale alle parole prende il sopravvento la musica rivelando un'apertura della band alla sperimentazione strumentale e sonora dove al reggae si mescola elettronica e ricerca musicale, come a testimoniare che per i grandi della musica il traguardo non è mai raggiunto ma c'è sempre uno spazio nuovo da sperimentare e raggiungere. A fine concerto la band non si è sottratta a un lungo momento di incontro con il pubblico entusiasta, firmando autografi e stringendo mani.













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