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Villa romana, dagli scavi affiorano sette scheletri

In via Rosmini si lavora alla nuova copertura della domus, da anni off limits L’archeologa Cristina Bassi: «I resti dovrebbero risalire all’Alto Medio Evo»


di Sandra Mattei


TRENTO. La villa romana, da troppo tempo off limits, riserva tuttora delle sorprese. Com’è noto, la copertura della sontuosa villa con pavimento a mosaici, faceva acqua e non aveva più i requisiti di sicurezza per essere visitabile. Per questo, dopo anni di attesa, è stato aperto un cantiere nell’area tra via Rosmini e via Santa Margherita, per realizzare un nuovo volume sopra la villa e per rendere di nuovo visitabile questo tesoro sotterraneo della Trento romana. Se non che, quando si scava in aree archeologiche,qualcosa di nuovo spunta sempre. Ed infatti, in questi giorni sono affiorati dagli scavi sette scheletri, tra i quali uno di bambino, in buone condizioni.

Gli scheletri sono già stati trasportati nei laboratori dell’Ufficio Beni archeologici della Provincia, che dipendono dalla Soprintendenza dei beni culturali diretta da Franco Marzatico, per essere analizzati, ma qualcosa sulla loro datazione si può anticipare.

È Cristina Bassi, dell’Ufficio provinciale di cui è responsabile Franco Nicolis, a riferire sugli scavi. «I resti di sei morti ed un bambino - spiega Bassi - rinvenuti a sud della villa, dovrebbero risalire all’Alto Medio Evo, perché non sono stati trovati loro addosso né resti di abbigliamento, né corredi. Si tratta perciò di sepolture più povere, successive all’epoca romana, tra il V e VII secolo. Non abbiamo però ancora analizzato i resti, per cui qualcosa di più preciso si potrà dire in seguito agli accertamenti».

L’archeologa aggiunge che è probabile che l’area attorno alla villa romana sia diventata una zona cimiteriale, dopo l’abbandono della zona “residenziale” dove sorgevano ville prestigiose, quando la popolazione della città romana si è ritirata all’interno delle mura, per il pericolo rappresentato dalle invasioni barbariche.

In attesa di saperne di più dei resti affiorati, vale la pena ricordare la storia della villa, rinvenuta dopo che i bombardamenti del 2 settembre del 1943 distrussero Villa Consolati che era stata costruita con ampio giardino circostante, proprio nell’area dove si trovano i resti della domus. Nel 1954 si iniziò a scavare l’area archeologica, sotto la supervisione della Soprintendenza alle antichità di Padova.

La villa, costruita extra moenia tra il I ed il II secolo d. C. è caratterizzata da una pianta rettangolare con un pavimento a mosaico di 56 metri quadrati che raffigura scene del mito di Orfeo che incanta le belve. I decori sono racchiusi in cornici esagonali ed in quello centrale è rappresentato l’eroe con la lira, mentre in quelli che lo circondano sono raffigurate le fiere. Nell’area più interna, verso ovest, su un cortile si affacciano alcuni vani tra cui una cucina, un complesso balneare e un ambiente di soggiorno.

I lavori di scavo e di copertura con strutture di vetro e cemento furono terminati nel 1966 e da allora e, chi ha una certa lo ricorderà, la villa è diventata meta di visite scolastiche fino a quando la struttura non è diventata obsoleta ed è stata chiusa al pubblico. Da anni si parla di una sua valorizzazione: il progetto elaborato dal responsabile dei beni archeologici Gianni Ciurletti, ora dovrebbe finalmente essere portato a termine, finanziamenti permettendo.













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