«Via le auto dalle strade dei passi»

Messner propone i passaggi a tempo per auto e bici. Lo scalatore: bus navetta per snellire il traffico. Messner ha inaugurato la mostra dedicata alle Dolomiti, toccando vari temi, dalla funivia all’agricoltura



MONTE RITE. «E’ questo il luogo più bello delle Dolomiti». Lui se ne intende, parla con cognizione di causa, visto che conosce benissimo le Dolomiti, ne ha scalate tante, le ha percorse, amate e studiate. Reinhold Messner ieri ha inaugurato la stagione 2010 del museo tra le nuvole, sulla cima del monte Rite dove è allestita una mostra temporanea dedicata quest’anno al riconoscimento Unesco delle Dolomiti patrimonio dell’umanità.

Decine di persone sono salite a piedi o con le navette per assistere all’inaugurazione, per parlare con Messner, farsi fotografare o semplicemente per una escursione in uno dei luoghi più belli delle Dolomiti. Anzi, il più bello, come ha detto Messner.

Un luogo da preservare, da tutelare, togliendo ad esempio le navette che salgono i 7 chilometri di strada bianca che salgono da passo Cibiana.

«Questo luogo deve essere lasciato tranquillo, via i rumori delle navette e la polvere che sollevano e finisce in bocca a chi sale a piedi o in bicicletta», dice infatti Messner. L’unica possibilità per consentire di arrivare in cima senza farsi tutta la scarpinata, è la funivia leggera che da passo Cibiana dovrebbe arrivare fino alla casermetta che c’è ad un chilometro dal forte, restaurata anch’essa.

Da tempo Messner spinge in questa direzione. Il Comune ha pronto un progetto di massima, ma, come ammette il sindaco De Zordo, servono sia i soldi pubblici che un investimento dei privati a cui spetterebbe poi il compito di gestire l’impianto. «Ci sono esempi di impianti simili in altre parti delle Alpi - spiega Messner - basta un addetto nella stazione in quota, che tiene sotto controllo le cabine via video».

Messner ha ribadito anche ieri la sua insofferenza alle macchine. Non solo verso quelle poche che arrivano sul Rite, ma soprattutto verso quelle che intasano i passi dolomitici.

E dagli oltre 2000 metri della cima del Rite lancia di nuovo la sua proposta: «Passaggi a tempo: cioè delle finestre orarie per far passare le auto e finestre orarie per far passare le biciclette. E poi navette per sostituire le auto. Si potrebbe cominciare dal Pordoi, ma non può essere una decisione presa dai sindaci: qui devono intervenire le tre Province».

Le proteste dei sindaci agordini contro le gare ciclistiche? «Impedirle non è una scelta intelligente: bisogna andare in un’altra direzione».

Messner racconta i suoi tanti impegni, soprattutto sul fronte culturale: il completamento del circuito museale, con il museo di Brunico che sarà pronto per la Pasqua dell’anno prossimo; un film sulle Dolomiti; un nuovo libro.

E’ un uomo pratico, un montanaro che prima è stato un alpinista, come si definisce lui stesso. «Se mi chiedono quale è la mia professione, dico che è quella del montanaro». Un tipo di montanaro che guarda lontano, ai mercati turistici dell’Oriente. «Come è possibile che i giapponesi vadano sulle montagne della Svizzera e non vengano sulle Dolomiti? E’ anche colpa nostra, non siamo stati capaci di far conoscere le nostre bellezze».

E tutti quelli che detestano le frotte di turisti sulle montagne? «Ci sono fondamentalisti, non si sa di quale colore politico, che non vogliono nè strade nè caccia. Non capiscono niente».
Il tema della caccia, per tenere sotto controllo la popolazione degli ungulati, salta fuori da una domanda sul futuro dell’agricoltura in montagna. «Nel Sud Tirolo occorre abbattere un numero preciso di capi, maschi e femmine. E chi non lo fa, rischia le multe. Cervi e caprioli non hanno più predatori naturali, lupi e orsi. E quindi devono essere tenuti sotto controllo dall’uomo».

E per l’agricoltura, per farla tornare in montagna, serve - spiega Messner - fare quello che ha realizzato lui in Alto Adige: unire la produzione, ad esempio dei formaggi, con la vendita diretta. «Inutile vendere alle latterie e alle cooperative. L’allevatore guadagna troppo poco: meglio se riesce a vendere direttamente, ai turisti che arrivano fino alla sua malga».

L’agricoltura potrebbe essere anche una valvola di sfogo per il lavoro che continua a mancare.


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