ex carbochimica

Veleni e bypass, hanno scavato nel terreno intoccabile

L’intervento su una superficie di 300 metri quadrati nel Sin (Sito di interesse nazionale) vicino al cantiere Pericolo esalazioni tossiche: la denuncia in Procura


Andrea Tomasi


TRENTO. Terreno scavato, piante sradicate. Materiale potenzialmente contaminato - che non si doveva toccare - è stato rimosso e ora non si sa dove sia finito. Stiamo parlando dell’area Sin (Sito di interesse nazionale) ex Carbochimica, che si affaccia su via Brennero a Trento, poco lontano dalla zona del cantiere del bypass ferroviario, che nei giorni scorsi i carabinieri del Noe hanno messo sotto sequestro preventivo.

Vicino al cantiere del bypass
Qualcuno ha scavato nel Sin e ha fatto scomparire il materiale da quella zona. Quella di cui vi parliamo oggi è una nuova vicenda, ma legata a doppio filo a quella del cantiere che fa capo a Rfi (Rete ferroviaria italiana), la spa che ha promosso il progetto di passante ferroviario attraverso la città capoluogo: un progetto - sostenuto da Provincia autonoma e Comune di Trento - da un miliardo e 178 milioni di euro, per 14 km di tracciato (di cui 12 in galleria, dai terreni inquinati di Trento Nord ai vitigni dell’Acquaviva di Mattarello).

Trecento metri quadrati
Nell’area ex Carbochimica, i cui terreni sono intrisi di sostanze pericolose (principalmente idrocarburi) sono passati con le ruspe: hanno fatto uno scavo di circa 300 metri quadrati, hanno tolto alberi e piante per caricare tutto sui camion. Materiale “scomparso”, finito nelle immediate vicinanze o in qualche deposito o discarica, si pensa. Si tratta di terreno compromesso che non si dovrebbe neanche sfiorare e che invece è stato oggetto di lavori. Da parte di chi? Non si sa. Nelle immagini si vedono i segni del passaggio dei mezzi cingolati, oltre a quelli di carico e scarico. È un nuovo episodio nel "capitolo veleni" delle ex aree industriali di Trento Nord. Mentre la Procura di Trento lavora all'indagine per disastro ambientale nel cantiere del bypass ferroviario (per ora sul registro degli indagati c'è il nome del responsabile del progetto circonvallazione l'ingegnere Damiano Beschin di Rfi - Rete Ferroviaria italiana) poco lontano è stato movimentato del terreno, in una porzione di territorio che da un lato guarda il percorso della ferrovia storica (con l’area di cantiere dove opera il Consorzio Tridentum, la cordata che si è aggiudicata l’appalto del bypass) e dall’altro la zona commerciale e residenziale di via Brennero.

La denuncia in Procura
A denunciare in Procura l’accaduto è stata la società Tim srl, proprietaria di una porzione delle aree contaminate e che da questo scavo abusivo non può che subire danni. Questa azione potrebbe portare a nuovi sviluppi nel “affaire Trento Nord”, che è già sotto i riflettori del Nucleo operativo ecologico dei carabinieri.

Atmosfera “avvelenata”
La questione non è di poco conto. Proprio in questi giorni - alla luce della notizia della mancata comunicazione (entro le 24 ore previste dalla legge) da parte di Rfi del ritrovamento di fluido oleoso a 14 metri di profondità con conseguente intervento della magistratura - le associazioni No Bypass hanno continuato a denunciare il mancato rispetto delle misure di sicurezza. Segnalazioni, queste, fatte anche in riferimento al cantiere delle rogge (operazione di bonifica, del Rio Lavisotto e della fossa primaria di Campotrentino, da 38 milioni di euro, di competenza dell’agenzia provinciale Apop). E poi c’è l’allarme, lanciato dai No Tav dal “giorno 1”, circa gli effetti sulla salute di un cantiere dove era stato garantito che qualsiasi intervento sarebbe stato fatto «in ambiente confinato e con il trattamento dell’aria attraverso i filtri» (dalla relazione tecnica sullo stato dell’arte e sull’efficacia delle tecnologie adottate nelle rogge).

Chi ha i mezzi per lo scavo
A sollevare il caso, come detto, è stata la società Tim srl. Perché - ci si chiede - è stato fatto uno scavo di quel tipo? E chi ha a disposizione mezzi e tecnologie per intervenire in quell’area? Ricordiamo che Rete ferroviaria italiana, attraverso il Consorzio Tridentum, sta operando tra i due comparti del Sin (Carbochimica e Sloi) e quindi formalmente agisce in una specie di “zona franca”. Piccolo dettaglio: i veleni sotterrati negli anni (il piombo della Sloi e gli idrocarburi della Carbochimica) non conoscono i confini delle particelle fondiarie per cui, potenzialmente, questi si muovono liberamente nel sottosuolo (e infatti nel famoso carotaggio dell’11 luglio è stato trovato fluido industriale riconducibile alla Carbochimica).

Nuovi e vecchi veleni
Ma torniamo allo scavo denunciato dalla Tim srl di Michele Albertini, che si dice danneggiato da questo abuso. Per ora la denuncia è contro ignoti. La società si riserva di costituirsi in giudizio come parte civile per il risarcimento di tutti i danni morali e materiali. Albertini - che sta seguendo con attenzione ogni passo burocratico e tecnico volto alla realizzazione del bypass, che prevede il passaggio attraverso le aree contaminate - si riserva di presentare ulteriore documentazione.

Le segnalazioni dei comitati
Tutto questo accade nelle settimane in cui le associazioni No Bypass hanno denunciato l’uscita di camion dall’area cantiere: mezzi a pieno carico inseguiti fino a Lavis (un pedinamento è stato fatto dall’ingegner Claudio Geat, presidente della Circoscrizione Centro Storico - Piedicastello) e la mancata caratterizzazione/analisi del materiale raccolto lungo l’asse ferroviario. «Prima di muovere il materiale si dovrebbe conoscerne la composizione chimica e invece vediamo ruspe che spostano roba e camion che spostano materiale» aveva detto Elio Bonfanti, una delle voci più ascoltate dei No Tav, assieme all’avvocato Marco Cianci. Il movimento - assieme al Sindacato di base multicategoriale, Comitato mobilità sostenibile, Rete dei Cittadini, Comitato via Brennero, Mattarello Attiva - da tempo parla della necessità dello stop al cantiere bypass e dell’urgenza di una bonifica integrale dell’ex compendio industriale, vista anche l’indagine epidemiologica Sentieri (circa le patologie correlate all’esposizione aerea e non solo a certe sostanze) e visti l’allarme lanciato dall’Ordine dei Medici e l’interessamento dell’Istituto superiore di sanità (si parla dell’istituzione di un tavolo tecnico). La società Tim ha evidenziato forti perplessità circa le indagini eseguite su aree che non sono interessate dai lavori di Rfi. Questa, contestualmente, non ha ritenuto di caratterizzare il sedime dei binari oggetto di scavi che arriveranno fino a 21 metri, e sotto i quali si stanno palesando i prevedibili problemi. I comitati ce l’hanno con Rfi che ha movimentato materiale prima di eseguire i prescritti sondaggi finanziati dal Governo per scongiurare possibili problemi per la salute dei cittadini.

Terreno da non toccare
La querela-denuncia di Tim srl solleva il velo su quanto accaduto nei giorni scorsi in una porzione di terreno che non dovrebbe essere toccata da nessuno, tantomeno da mezzi meccanici come ruspe e camion per il trasporto terra. I Sin (Siti di interesse nazionale) sono aree contaminate classificate come pericolose dallo Stato Italiano e che necessitano di interventi di bonifica del suolo, del sottosuolo e/o delle acque superficiali e sotterranee per evitare danni ambientali e sanitari. I siti individuati dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio sono 41: uno è nel cuore di Trento, tra via Maccani e via Brennero. Gli scavi nel Sin denunciati dalla società di Albertini preoccupano perché la movimentazione del terreno può causare lo spostamento nell’aria di sostanze potenzialmente nocive e perché non si sa che fine abbiano fatto terre, alberi e piante che sono stati rimossi da quella superficie. Tutto è stato scoperto lo scorso 25 luglio, in occasione di un accesso ai terreni eseguito dagli incaricati di Rfi (Ambiente spa e Tecnoverifiche srl di Trento), alla presenza di Michele Albertini e di altri consulenti di Tim srl. Leggiamo dal documento fatto arrivare in Procura: «Si è rilevato che su un’area del comparto di via Brennero del Sito di interesse nazionale “Trento Nord” (...) risultava essere stata rimossa la vegetazione e movimentato del terreno. Questa attività ha riguardato un’area esterna a quelle in occupazione da parte della Provincia autonoma di Trento, quindi al di fuori delle aree appositamente delimitate con recinzione». E ancora: «La dottoressa Carla Furgione, il tecnico della società Ambiente spa incaricato per eseguire le attività di indagini e presente sul posto ha dichiarato di non avere informazioni dirette su queste attività ma di aver sentito dai propri referenti, sentiti in merito, che tali attività sono state eseguite da Tim srl». Ma la società denunciante replica: «Tim Srl mai ha eseguito tali attività e mai le ha autorizzate né mai è stata informata di alcuna attività sul posto. Anzi si è opposta fermamente con più ricorsi in sede Tar e al Consiglio di Stato alla movimentazione di terreni, senza cautele e accordi formalizzati, nella propria area per i possibili danni che ne potrebbero derivare per la proprietà, per la salute pubblica e per la tutela della risorsa ambientale».

Tra politica e giustizia
In questa vicenda politico-giudiziaria, che è solo alle battute iniziali, l’unica cosa certa è che il materiale è stato movimentato e fatto scomparire. Si alimentano quindi i timori per il possibile pericolo a cui sarebbero stati sottoposti, con questo scavo nell’area Sin, chi lavora e abita nelle vicinanze. Nella denuncia c’è scritto che Monica De Rossi dell’Appa (Agenzia provinciale per la protezione dell’ambiente) ha dichiarato di non avere informazioni su queste attività di scavo nel Sin «e che avrebbe riferito ai propri superiori».













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