Valanga di affetto per i senegalesi

Piazza Pasi, raccolte 750 firme di solidarietà dopo la tragedia di Firenze


Gianfranco Piccoli


TRENTO. Quasi 750 firme raccolte in appena quattro ore. Una ogni venti secondi. È la valanga di affetto che ha travolto la comunità senegalese, che ieri mattina si è data appuntamento in piazza Pasi per chiedere ai trentini un secco «no» al razzismo e alla violenza dopo i drammatici fatti di Firenze. «Una dimostrazione d'affetto che ci ha sorpresi», ammette Pulcherie Sene, vice presidente dell'Acset, l'Associazione della comunità senegalese del Trentino.

La donna due giorni fa era nel capoluogo toscano, per partecipare alla grande manifestazione di solidarietà che ha fatto seguito alla brutale esecuzione dei due commercianti ambulanti africani.

«Moltissime persone questa mattina (ieri per chi legge ndr) si sono fermate a parlare con noi in piazza Pasi - continua Sene - c'è chi ha detto di vergognarsi per quello che è successo a Firenze, abbiamo colto tra le persone che hanno firmato il nostro appello un sincero dispiacere». Tra chi si è messo in fila al banchetto allestito dalla comunità senegalese, c'era anche l'assessore comunale Lucia Maestri.

Ma cosa ne farete ora di queste firme? «Le porteremo alle autorità trentine, al questore e le consegneremo all'ambasciata senegalese in Italia - risponde la vice presidente dell'Acset - adesso siamo noi a chiedere maggiore sicurezza, visto che sino ad oggi sono stati altri ad invocare protezione dagli stranieri».

La comunità senegalese «ufficiale» (quella che in Italia con un regolare permesso di soggiorno) è composta da circa 200 persone, spiega Pulcherie Sene: «Stiamo facendo un censimento, per capire quanti siamo effettivamente». La vicepresidente dell'Acset è arrivata in Italia vent'anni fa, con la prima ondata migratoria: «I primi senegalesi, soprattutto uomini, sono arrivati in Trentino nel 1989. A muovere i miei connazionali - spiega - non sono state ragioni politiche, ma la necessità di trovare un impiego: molti hanno lavorato come operai, altri nel commercio. Poi, negli anni successivi, ci sono stati tanti ricongiungimenti familiari e sono arrivate anche le donne. Molti dei nostri figli sono nati qui. In questi giorni, dopo quello che è successo a Firenze, me ne volevo tornare in Senegal, ma mio figlio, che in questo Paese ci è nato, mi ha detto: "Mamma, io resto qui"».

La folle aggressione consumata nel capoluogo toscano - due persone uccise a colpi di pistola da un estremista di destra, poi morto suicida - ha scosso profondamente la comunità senegalese e la società civile italiana. Non a caso due giorni fa le piazze italiane delle principali città si sono riempite di manifestanti. Tantissimi immigrati africani, certo, ma anche moltissimi cittadini italiani che con la loro presenza hanno voluto dimostrare solidarietà da un popolo suo malgrado diventato simbolo dell'aggressione razzista.
Quello di Firenze è probabilmente il più grave episodio di razzismo che si sia verificato in questi decenni di grandi flussi migratori nel nostro Paese.













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