Upt, i vertici lasciano. No alla fusione col Pd 

Mellarini: «Finito un ciclo». Sul tavolo il tentativo di una costituente con i Civici e la società civile


di Chiara Bert


TRENTO. «È giusto chiedersi perché l’anomalia trentina questa volta sia stata travolta dal vento leghista, perché le nostre candidature, che vantavano esperienza e competenza, siano state nettamente sopravanzate, anche in collegi ritenuti blindati. È necessario capire in profondità cosa sta accadendo in Trentino». È cominciata così ieri sera, davanti al parlamentino Upt (assente Lorenzo Dellai), l’analisi della sconfitta del segretario Tiziano Mellarini, che si è dimesso insieme a tutta la segreteria e al presidente Fabio Pipinato. Resta in carica la vicepresidente Annalisa Caumo: toccherà a lei riconvocare nei prossimi giorni il parlamentino, che ieri ha preso atto delle dimissioni. Proposto all’assessore Mauro Gilmozzi di coordinare la nuova fase costituente che punta a costituire un soggetto politico nuovo in vista delle provinciali (l’interessato ha detto di non essere disponibile ad alcun incarico ma solo a dare una mano). Nuovo soggetto con chi? L’Upt guarda alla società civile e ai sindaci civici, almeno a quelli più vicini (Valduga e Oss Emer), ma la strada (come spieghiamo nell’articolo di questa pagina) appare tutta in salita.

«C’è stata una sconfitta netta del centrosinistra autonomista, minimizzare non serve a nulla, così come scindere il piano nazionale da quello provinciale», analizza Mellarini. «Hanno vinto le proposte gridate e le promesse mirabolanti, reddito di cittadinanza, flat tax, abolizione della legge Fornero e dei vitalizi». Ma, prosegue l’ormai ex segretario, «in campagna elettorale abbiamo trovato tante persone insospettabili che ci hanno detto che avrebbero votato Lega e 5 Stelle e questo denota una latente insoddisfazione, occorre dircelo, verso l’azione della Provincia». E qui Mellarini cita una lunga lista: chiusura dei punti nascita, disoccupazione giovanile, sicurezza, gestione dell’immigrazione, ma anche vitalizi, caso Itas, licenziamenti Sait, ricorsi sul Not, difficoltà della Cooperazione, cambi di casacca di consiglieri». Quanto all’Upt, che ha corso con il simbolo di Civica Popolare, «il risultato è stato troppo al di sotto delle attese per cercare alibi». Ecco quindi le dimissioni, irrevocabili. «Il percorso costituente che avrebbe dovuto aprirci a mondi a noi vicini, del civismo, dell’ambientalismo, del volontariato, non ha portato i risultati sperati». L’Upt prova a ripartire da qui. Basta con le faide interne, «servono idee nuove e forze fresche, che noi della vecchia guardia continueremo a sostenere dietro le quinte, convinti che mai come oggi ci sia necessità di un partito popolare per tenere insieme la coalizione». Porte chiuse ad un partito con il Pd, «anche se le scelte - dice - spetteranno a chi guiderà la fase di transizione». «Fondersi sarebbe un grosso errore», gli fa eco il consigliere Mario Tonina, «potremmo ragionarci ma dopo le provinciali». La strada verso ottobre è in salita: «Nel 2013 i voti leghisti delle politiche si sono trasferiti alle provinciali al Patt, che ha saputo intercettarli grazie all’ala Kaswalder e Moltrer. Oggi - avverte Mellarini - rischiamo di perdere quell’elettorato».













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