Un bagno di folla di quaranta minuti

Dopo la celebrazione don Lauro si è concesso a lungo a strette di mano e selfie. È stato l’ultimo a lasciare la piazza


di Danilo Fenner


TRENTO. Gli annali storici diranno: alle 16.45 del giorno 3 aprile 2016 monsignor Lauro Tisi è assiso alla “cattedra” di san Vigilio, dopo che il vescovo emerito Luigi Bressan gli ha ceduto il posto, cingendolo in un affettuoso abbraccio, in un tripudio di applausi dentro e fuori la cattedrale e di festoso “scampanò”.

Ma quello che i documenti ufficiali non racconteranno – e che invece, a nostro parere, ha dato davvero il segno di chi è Lauro Tisi – è quello che è successo alla fine della cerimonia. Quando il neo-vescovo, emozionatissimo e felicissimo, si è intrattenuto in piazza Duomo, subendo pazientemente l'assalto della folla, stringendo decine di mani, elargendo sorrisi e pacche sulle spalle, firmando autografi e prestandosi a qualche selfie, baciando bambini e scambiando due parole con tutti. Non una passata e via. No. Quaranta minuti, quaranta. E quando i cantori del Conservatorio di Trento scendevano dal palco al termine dei loro madrigali, e quando gli addetti alla logistica della piazza già impilavano le sedie, e quando perfino i fotografi e i videoperatori decidevano che anche per loro “missa est” dopo la sbornia di immagini: bè, lui, l'incrollabile montanaro, il 122° Arcivescovo metropolita di Trento, “don” Lauro da Giustino in Rendena, classe 1962, era ancora lì. Fatta eccezione per qualche gruppetto di turisti, è stato l'ultimo a lasciare la piazza. A passo sveltissimo. Tanto che perfino la scorta (messagli alle costole dall'inizio del pomeriggio) faticava a stargli dietro. Lui se n'è accorto, si è girato e ha detto loro in buon trentino: “Oggi v'ho fati tribolàr”.

Una disponibilità e un calore umano che sono emersi qua e là per tutto il lunghissimo pomeriggio, iniziato nel giardino dell'Arcivescovado con l'abbraccio dei “suoi” giovani e culminato nella solenne celebrazione liturgica. Con alcuni momenti molto informali, come un paio di discorsi “a braccio”, l'abbraccio emozionato alla mamma e alla famiglia. Momenti che hanno contagiato perfino monsignor Bressan: che ad esempio quando ha versato l'olio sul capo del suo successore, sembrava molto divertito.

Riavvolgere il nastro della celebrazione significa rivedere il film di un evento storico. Il non ancora vescovo Tisi è sbucato sulla piazza esattamente alle 14.45, come da copione. Ma per arrivare giusto e non troppo in anticipo, si è dovuto fermare dieci minuti nel bel mezzo di via San Vigilio (ah, le ricorrenze del destino!), con tutti e cento i giovani che lo accampagnavano cantando, chitarra al collo. Creando un piccolo intasamento nella via, per la gioia e la curiosità dei cittadini e dei turisti. E lui a parlare con tutti, a farsi i selfie con la gente, a rispondere alle domande e ai saluti. Anche questo è don Tisi.

Prima della messa, concelebrata da Luigi Bressan, il patriarca di Venezia Francesco Moraglia e il vescovo di Bolzano Ivo Muser, l'altra “liturgia”, quella dei discorsi ufficiali con il sindaco Alessandro Andreatta e il presidente della Provincia Ugo Rossi a porgere il saluto della comunità trentina.

Alle 15.20 l'entrata in Cattedrale, salutato da due laici, Cecilia Niccolini e Pierino Martinelli, in rappresentanza di chi si impegna quotidinamente nella vita delle parrocchie e dell'associazionismo.

Alle quattro meno qualcosa, introdotto dal canto del “Veni creator”, il rito dell'ordinazione incastonato fra le letture e l'eucaristia. Un rito antico quasi quanto la Chiesa stessa, scandito da momenti altamente simbolici e accompagnato dai cori di Giustino e di Spiazzo, sorretti per l'occasione da fiati e ottoni come avviene solo nelle celebrazioni più importanti.

I momenti, dunque. La lettera della Bolla papale da parte del cancelliere della Curia monsignor Aste (nella quale papa Francesco si rivolge a Tisi con il tu e chiude il documento con un messaggio ben ritagliato sulla figura del nuovo vescovo: “Le parole smuovono, gli esempi trascinano”). Il rito delle nove domande formulate da Bressan per accertare l'impegno del suo successore in favore della sua chiesa. L'atto di umiltà del nuovo vescovo, sdraiato a terra. L'imposizione delle mani da parte dei 26 vescovi presenti. L'unzione e il dono del vangelo, dell'anello, della mitra e del pastorale.

Emozione? Tantissima, sui volti di tutti, sciolta nell'applauso corale al momento dello scambio sulla “cattedra”. Alla fine, c'è il tempo per un altro fine programma “alla Tisi”: il neo vescovo, subito dopo la benedizione conclusiva, esce dal portone di via Verdi (assolutamente non previsto: subbuglio fra le forze dell'ordine, mormorio divertito di tutti) e sbuca in piazza Duomo, proprio sotto il palco, benedicendo tutti e rientrando poi dalla Porta della Misericordia. Don Tisi, l'imprendibile. Il montanaro dal passo svelto e la voce allegra.

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