Tutte le forme segnano il tempo nella magia degli antichi orologi

A Castel Thun è stata inaugurata la mostra dedicata ai rintocchi dei prodotti trentini del ’700 L’allestimemento pieno di fascino sviluppa anche la relazione tra i conti e i maestri artigiani


di Maria Viveros


CASTEL THUN. Scoccano le ore. Minuti e secondi proseguono nel loro inarrestabile cammino, ma, come per magia, il tempo ha messo la retromarcia in occasione della mostra nel maniero della valle di Non che avvia la sua fase più affollata e intensa di scoperte - quella estiva- con frotte di visitatori da tutta Italia. La mostra sarà visitabile fino al 13 ottobre.

Dedicata all'orologeria trentina del '700, “Il tempo in una stanza: rintocchi di antichi orologi a Castel Thun” ha la sua location ideale nella Torre della biblioteca del maniero.

Si tratta di un ambiente dalla volta impreziosita da stucchi barocchi dove, per l'inaugurazione, orologi da mensola, da parete (i cosiddetti Telleruhr) e a cassa lunga si sono fatti notare non solo per le loro forme e per i quadranti dipinti o in metallo a sbalzo con motivi di ispirazione rococò, ma anche per ticchettii, carillon e sonerie che sottolineano il passaggio delle ore e dei quarti.

Effimeri concerti della durata di una carica, a mo' di suggestiva introduzione per questa piccola ma preziosa mostra che segna un'ulteriore tappa di approfondimento su specifici nuclei delle collezioni di Castel Thun. Una mostra che per le tante curiosità che offre e per la storia che ogni oggetto racchiude ha le carte in regola per diventare un piccolo «evento» nell’offerta culturale del castello.

“In questo caso la presenza di orologi ha dato lo spunto per contestualizzare la collezione all'interno della produzione dell'orologeria trentina del XVIII secolo”, spiega Emanuela Rollandini, curatrice della mostra assieme a Roberto Fanciulli e Antonio Lenner, che è partita da ricerche d'archivio per ricostruire la storia delle relazioni fra i Thun e gli artigiani orologiai. “E' sorprendente - continua la studiosa - la numerosa presenza di orologiai trentini nel '700 con una produzione capace di rivaleggiare con quella delle grandi manifatture europee. Basti pensare che Bartolomeo Antonio Bertolla, a Mocenigo di Rumo, in Val di Non, dà vita a una fiorente bottega la cui fama era riconosciuta anche alla corte di Vienna. Sempre in Val di Non, luogo quindi periferico, sono documentati altri laboratori, come quello di Giorgio Lorenzon a Brez, a dimostrazione che le nobili famiglie della zona, come i Thun, gli Spaur o i Cles, costituivano una importante committenza”.

Da quando la misura del tempo è stata una delle principali preoccupazioni dell'uomo per organizzare la propria vita sociale e religiosa in primis, sono stati creati degli orologi esteticamente sempre più raffinati, come vere e proprie opere d'arte. “Il realtà - spiega la Rollandini - sono il risultato della compresenza di due aspetti inscindibilmente legati fra loro. Nell'orologio come oggetto di arredo, alla componente artistica che è riservata soprattutto alla cassa, nella tradizione trentina caratterizzata da forme severe, si unisce quella tecnologica. Era questo l'aspetto che effettivamente distingueva i manufatti, permettendo di conteggiare ore e minuti, o, in alcuni esemplari, di avere indicazioni su fasi lunari, segni zodiacali o calendario”. Erano dei veri e propri status symbol.

In molta letteratura del '700, come nella goldoniana Bottega del caffè, si registra infatti la presenza di gentiluomini che estraggono dal taschino il proprio orologio, di cui viene decantata la precisione.

Congegni complicatissimi, risultato di perizia metallurgica e meccanica, gli orologi nel XVIII secolo erano componenti ambite anche per gli arredi. Si sviluppa quindi una ricca produzione di esemplari da stanza.













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