Trento: proteste sulla gru, operai accusati di sabotaggio

A giudizio due egiziani che si erano abbarbicati a 30 metri d'altezza per avere gli stipendi arretrati



TRENTO. Erano saliti su una gru e da un'altezza di 30 metri minacciavano di lanciarsi nel vuoto se la ditta per la quale avevano lavorato non gli avesse consegnati 3 mila euro, ossia gli stipendi che ancora non avevano ricevuto.

Una protesta plateale che assomiglia a quelle degli ultimi mesi delle quali arrivano notizie da ogni parte d'Italia. Lavoratori esasperati che scelgono una protesta estrema per vedersi riconosciuto un diritto

Ma c'è anche il rovescio della medaglia. Per i due operai (egiziani e di fatto senza fissa dimora) c'era la prima udienza in tribunale. Sono stati indagati, infatti violenza privata e sabotaggio.

Il secondo reato è molto articolare e si occupa di «arbitraria invasione e occupazione di aziende agricole o industriali. Sabotaggio.» E prevede che «chiunque, col solo scopo di impedire o turbare il normale svolgimento del lavoro, invade od occupa l'altrui azienda agricola o industriale, ovvero dispone di altrui macchine, scorte, apparecchi o strumenti destinati alla produzione agricola o industriale, è punito con la reclusione fino a tre anni».

Tutto questo per essere saliti su una gru. Secondo il capo d'imputazione i due avevano posizionato un muletto davanti al cancello d'ingresso del cantiere dove lavorava la ditta di cui erano stati dipendenti, la Laza di Padova.

Laza che era impegnata nel cantiere dell'ex Soa di Mattarello. I due avevano usato il muletto come scala e poi si erano arrampicati sulla gru fino ad arrivare ad un'altezza di 30 metri. Minacciavano di lanciarsi nel vuoto se non venivano pagati loro 3.134 euro a testa. Un comportamento che, questa è l'accusa, avrebbe costretto la Cosbau (che aveva subappaltato i lavori alla dita padovana) a pagare quanto richiesto con degli assegni. E per questo sono stati accusati di violenza privata.

Le accusa di «occupazione» e il «sabotaggio» sono invece relative al fatto che i due egiziani avevano manifestato l'intenzione di non scendere dalla gru fino a quando non avessero ricevuto il denaro che spettava loro.
Per avere il lavoro per il quale chiedevano di essere pagati, gli egiziani avevano fatto letteralmente carte false. Avevano infatti presentato documenti di identità e permessi di soggiorno falsi. Ma carabinieri e Ispettorato del lavoro li avevano smascherati e la Laza costruzioni li aveva licenziati. Un controllo che era scattato pochi giorni prima della protesta plateale. Protesta che ieri è approdata in tribunale.

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