Trento: pompieri volontari, festa per i 140 anni

Più incidenti e meno incendi: così è cambiata la vita del vigile del fuoco


Sara Marcolla


GARDOLO. 1871. Quell'anno veniva inaugurato il traforo del Frejus, Roma diventava capitale d'Italia e nell'allora comune di Gardolo sotto l'impero austro-ungarico nasceva il corpo dei vigili del fuoco volontari. 2011. L'Italia festeggia i suoi 150 anni, i pompieri volontari di Gardolo spengono 140 candeline. Un vita lunga. Da dieci i volontari sono ora 37: 23 vigili effettivi, 10 allievi, tre membri onorari e un vigile complementare. Sono cambiati i tipi di intervento: un tempo si domavano gli incendi, ora si richiedono servizi tecnici, aperture di porte, fughe di gas, distruzione di nidi di vespe, incidenti. Nel 1871 non c'erano molti mezzi a disposizione; ora c'è la caserma e l'autobotte. «E abbiamo un altro mezzo ricevuto in regalo - spiega il giovane comandante Giacomo De Sero. - Un mezzo plurisoccorso, un furgone più veloce ed efficiente rispetto all'autobotte, utilizzato nelle emergenze, come fughe di gas, aperture di porte, soccorso di persone». Ma com'è la giornata di un vigile del fuoco volontario? «Normale - risponde De Sero. - Andiamo al lavoro, stiamo con la famiglia, usciamo con gli amici. Due volte in settimana ci troviamo in caserma per esercitazioni, manovre, manutenzione dei mezzi. E abbiamo sempre il telefono acceso per le chiamate. Gli interventi più pericolosi che ho effettuato sono gli incendi, sia nei capannoni che negli appartamenti, che sono difficili da domare. Infatti i mobili moderni quando bruciano rilasciano sostanze che a loro volta causano il diffondersi rapido delle fiamme, come l'incendio a palazzo Onda di qualche settimana fa». Incendio in cui sono intervenute anche le giovani ragazze del corpo dei vigili del fuoco. «E' stata dura», commenta Jessica Paoli, 26 anni. Qualche momento di paura? «Direi di no. Mi piace il lavoro. E poi noi siamo trattate come gli uomini. Unico sconto è il sollevamento dei pesi». Fare il vigile volontario significa anche intervenire in situazioni di calamità e guerre. Lo sa bene Ottavio Campestrini, 62 anni, di cui 35 trascorsi come pompiere e 12 da comandante. «Sono stato in Irpinia per il terremoto. Ma l'intervento che mi ha toccato di più è stato in Kossovo. C'erano tanti profughi, donne, anziani, bambini, al Campo Trento per avere qualcosa da mangiare. Lavoravamo in condizioni pietose con la paura costante dei bombardamenti. Una tragedia. Qui a Gardolo l'intervento più penoso è stato nel 1976, quando è uscita la roggia. Il comandante Fabio Mosna è morto a causa dello sforzo eccessivo per arginare il torrente». In regalo ai volontari è stata donata anche un'opera d'arte, una fiamma in ferro alta quattro metri.













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