Trento: perse bimba all'8º mese, sei a processo

Drammatica testimonianza della madre: «Al S.Chiara non mi fecero partorire»


Paolo Tagliente


TRENTO. Quel bambino lo volevano con tutta l'anima. Michele e Anna (nomi di fantasia) erano ricorsi alla fecondazione assistita già otto volte, senza successo. Al nono tentativo tutto era andato bene fino alla 32ª settimana di gestazione, quando la piccola che Anna portava in grembo era morta. Ieri, è iniziato il processo ai sei i medici del S.Chiara accusati d'aver causato quella morte. Un processo dove non sono mancati momenti di tensione tra il pm Giuseppe De Benedetto e l'avvocato Fabio Valcanover, legale dei due coniugi, costituitisi parte civile. Il momento più drammatico, però, è stata la deposizione di Anna che, con compostezza, ha ripercorso i momenti terribili in cui, lei e il marito, erano passati in poche ore dalla gioia indescrivibile alla disperazione totale. Lei e il marito che, dopo quel dolore, hanno tentato altre 16 volte la fecondazione assistita, con numerosi viaggi all'estero ed enormi sacrifici fisici e psichici, oltre che economici. È venerdì 2 giugno del 2006 quando Anna, insegnante in Valsugana, allora trentasettenne, si rivolge all'ospedale di Borgo: è preoccupata perché sente che la bimba si muove molto meno di prima nel suo grembo. Anna viene visitata e mandata al San Camillo di Trento, i cui specialisti seguono la gravidanza fin dall'inizio. Lì, assente il ginecologo di fiducia, Anna viene sottoposta a monitoraggio da un'altra dottorersa che rileva condizioni non normali e, preoccupata, ne dispone il trasferimento urgente in ambulanza al S.Chiara affinchè entri subito in sala parto. Ma al S.Chiara Anna non viene fatta partorire. No, secodo quanto riferito dalla donna, sarebbe stata compiuta un'ecografia e un'iniezione per lo sviluppo polmonare del nascituro. Saltato poi il monitoraggio previsto per la sera, l'incontro con un medico era slittato alla mattinata del giorno successivo, sabato. Poi più nessuno specialista s'era fatto vedere fino a lunedì mattina quando, durante il normale giro, lo staff di ostetricia aveva tranquillizzato Anna: probabilmente è una "bimba dormigliona". Ma la serenità di Anna dura poco: all'ora di pranzo viene sottoposta ad un'altra ecografia e il responso è tragico: battico cardiaco assente, la bimba è morta. Anna è attonita, sgomenta. Annichilita dal dolore. Michele è nelle sue stesse condizioni. L'autopsia cui viene sottoposto il corpo della bimba pochi giorni dopo rileva che il cordone ombelicale s'era avvolto per ben quattro volte attorno al collo della piccola. A quel punto, Anna e Michele si rivolgono all'avvocato Fabio Valcanover per chiedere che sulla morte della loro bambina venga fatta chiarezza e siano accertate eventuali responsabilità. Il pm De Benedetto apre un fascicolo - 12 gli indagati - ma al temrine delle indagini preliminari chiede l'archiviazione, non ravvisando responsabilità. Il gip La Ganga accoglie la richiesta per sei degli indagati, ma rinvia a giudizio gli altri sei perché, secondo una perizia presentata dalla difesa, se Anna fosse stata sottoposta ad un esame detto Ecodoppler si sarebbe potuto avere un quadro della situazione e salvare la bimba. Il processo è stato aggiornato a maggio.

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