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Trento, lascia il triciclo dei panini e torna a fare l’orafo

Dopo quattro anni, missione fallita per Stefano Michelazzi: «Troppi i vincoli che hanno posto al mio lavoro»



TRENTO. È durata quattro anni l'avventura dell'orafo che vendeva panini e paste girando per le strade cittadine a bordo di un triciclo a pedali. L'idea a Stefano Michelazzi era venuta per caso con la voglia di fare qualcosa di diverso per animare la città, poi strozzato dalla burocrazia, frenato nella sua attività per la mancanza di norme precise anche semplicemente sulla classificazione del suo mezzo ed a causa di un infortunio e di un lutto famigliare, ha deciso di mettere in vendita il suo triciclo, nella speranza di realizzare qualcosa e magari di vedere proseguire in maniera più fortunata la sua idea.

Stefano Michelazzi se ne va con un interrogativo che non ha risposta: «Ormai sotto i portici di piazza Duomo ci sono degli abusivi che hanno praticamente un posto fisso e vendono di tutto. La sera il centro è frequentato da venditori di giocattoli luminosi che vengono lasciati lavorare, altrettanto a me non è successo».

Stefano Michelazzi ha lasciato l'oreficeria di famiglia in via Cavour nel 2012 iniziando questa attività itinerante a tempo pieno; poi ha ridotto l'orario alla sera; l'anno scorso non ha lavorato a causa di un infortunio e quest'anno ha deciso di smettere: «Quando ho iniziato pensavo di poter percorrere le strade del centro ed invece c'è il divieto: pensavo di poter aggregarmi ad altre attività ambulanti ed invece bisogna sostare a 500 metri dai mercati o simili, ma anche da altri venditori; insomma alla fine la domanda è: ma dove si può andare a lavorare?»

Il mezzo è a pedali «perché quattro anni fa i motorini elettrici non erano ancora affidabili» e quindi anche i movimenti sono limitati, ma non hanno certo fermato lo spirito d'iniziativa di Stefano. «Ho iniziato a seguire gli studenti laureati. Conservavo i cibi freddi o caldi che distribuivo seguendoli nel loro peregrinare per le vie della città: praticamente era un servizio di buffet mobile. Ma ho rotto le scatole al business delle feste di laurea e sono stato fermato. Un problema era anche il fatto che la mia fosse un'attività non regolamentata ed invece di approfondire la questione, hanno preferito vietare e basta.»

Non è stata un'esperienza fortunata, ma stando a contatto con tanta gente, che idea si è fatto della città? «Quella di una realtà che ha giustamente scelto la strada universitaria per crescere, ma che non è abituata a convivere con la realtà degli studenti. Hanno dato una stretta alla movida, hanno introdotto regole che però non valgono per tutti e così la città di oggi non ha una fisionomia precisa.» La sua idea però è stata copiata: «Sì, c'è un altro ragazzo che vende zucchero filato e dolciumi, ma si è spostato nella zona del Muse; ma sono convinto che la nostra presenza sarebbe dovuta servire ad animare il centro storico.»

A questo punto lascia la strada per tornare dietro ad un banco. «Purtroppo è venuto a mancare mio padre ed appena avremo finito le pratiche dell'eredità, penso che tornerò ad aprire l'oreficeria: in fin dei conti sono stato orafo per 35 anni e quella è la professione di famiglia. Di certo non sono più i tempi, però a 51 anni è impossibile trovare un altro lavoro ed allora è meglio tornare a fare quello che si sa far meglio.»

(d.p.)













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