Trento

Trento, l’Apss chiede a 40 disabili 181 mila euro «non dovuti»

Scoppia il caso dei rimborsi erogati dall’ex dipendente «infedele» Cappelletti. Interrogazione di Cia, Bezzi, Bottamedi e Fugatti: «Diteci chi vigilava»



TRENTO. Quaranta disabili dovranno restituire all’Azienda sanitaria un totale di 181.207 euro di rimborsi spese indebitamente erogati da Maria Angelica Cappelletti, l’ex funzionaria “infedele”” condannata per la maxitruffa ai danni dell’Apss. Sei dei beneficiari hanno percepito le somme più cospicue - dai 10 ai 21 mila euro - mentre i restanti rimborsi sono quasi tutti al di sotto dei 7 mila, in dieci casi sotto i mille.

Si arriva a questo risultato a distanza di quasi sei anni da quando la vicenda venne alla luce. L’arresto di Cappelletti fu eseguito, infatti, il 15 giugno 2011; in seguito, dall’attività istruttoria delle pratiche di rimborso «effettuata dai funzionari incaricati presso il Distretto Centro Nord dell’Apss» fu «occasionalmente appurato» - recita la delibera del 12 gennaio scorso che dispone il recupero delle somme - che nei confronti di alcuni assistiti, i rimborsi a suo tempo erogati «sembravano essere di importo a prima vista eccedente rispetto a quanto previsto dalle norme vigenti».

L’anno scorso, il 1° aprile 2016, il nucleo di Polizia tributaria della Guardia di Finanza consegnò all’allora direttore del distretto sanitario Centro Nord, Enrico Nava, «tutta la documentazione a suo tempo sequestrata» e della quale il giudice Guglielmo Avolio aveva disposto la restituzione. «Numerose scatole d’archivio, attentamente esaminate alla ricerca dei documenti di supporto inerenti le posizioni già individuate come “anomale”». Un gruppo tecnico apposito si occupò quindi di valutare, caso per caso, la documentazione, riguardante il periodo intercorrente tra il 2007 ed il 2011. Dal riesame emerse che erano stati erogati dei «rimborsi di spese o non coerenti, o in eccedenza ai limiti». Rimborsi che «costituiscono un indebito oggettivo» - si legge nella delibera - «e risulta quindi doveroso per l’Amministrazione attivare le procedure di recupero».

Il caso è stato sollevato da un’interrogazione a firma dei consiglieri di opposizione Claudio Cia, Giacomo Bezzi, Manuela Bottamedi e Maurizio Fugatti, che ieri hanno indetto una conferenza stampa per illustrarla. Anche qui si parte dall’arresto di Cappelletti, nel 2011: «Era inimmaginabile, allora, che dall’Apss, con la sua solida catena di comando, apparati di controllo e sistemi informatici d’avanguardia, qualcuno potesse sottrarre con tanta disinvoltura, tra il 2007 e il 2011, circa 5 milioni di euro, almeno tanti sono stati quelli accertati».

Si arriva poi ai più recenti sviluppi, sui versamenti indebiti. «Non è ancora stato reso pubblico l’oggetto dei rimborsi e non è dato sapere se ci sia stata tacita complicità o buona fede da parte dei beneficiari», dicono i quattro consiglieri, che alla giunta provinciale pongono una lista di 13 interrogativi. Tra questi: per quanti anni l’ex dipendente abbia autorizzato i rimborsi, «come mai a distanza di anni si è proceduto alla richiesta di restituzione», chi erano i dirigenti preposti al controllo dell’operato di Tamanini, se questi ultimi abbiano ricevuto premi di produzione, perché non sia stato ravvisato il “difetto di vigilanza” e quali siano gli esiti delle indagini della Corte dei Conti.

Dall’Apss è arrivata nel pomeriggio una breve nota di replica, in cui si parla dell’«avvio di un procedimento amministrativo volto a verificare le giustificazioni di spesa in relazione a quanto erogato» dall’ex dipendente, definendolo «un atto dovuto». Vengono anche annunciate «azioni legali anche per danno d’immagine», nei confronti della persona «che ha erroneamente e in maniera arbitraria erogato quanto non dovuto».(l.m.)













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