Trento: Italcementi, il ritorno dei disperati

Già rotti i lucchetti dopo lo sgombero. I residenti: «Hanno rubato tutto»


Ubaldo Cordellini


TRENTO. I grossi lucchetti ai cancelli sono già rotti. I disperati che avevano trovato rifugio dentro l'Italcementi non hanno fatto passare neanche una notte. Già l'altra notte sono tornati a dormire in quell'antro di cemento e amianto che spalanca le fauci verso Piedicastello. Inutile l'affannarsi dei responsabili della Cooperazione che ieri hanno fatto anche un sopralluogo.
E' come svuotare il mare con uno scolapasta. Il perimetro della fabbrica è pieno di buchi, passaggi attraverso i quali i disperati si infilano nella vecchia fabbrica. Per questo, l'ordinanza di sgombero firmata dal sindaco e affissa sui tre cancelli di ingresso sembrava avere lo stesso valore delle grida di manzoniana memoria. Ieri il presidente della Cooperazione, che è proprietaria dell'ex Italcementi, Diego Schelfi e il direttore Carlo Dallasega hanno voluto verificare cosa si potesse fare di più per rendere più sicura tutta l'area: «Abbiamo già fatto la caratterizzazione per individuare i rischi, abbiamo presentato denuncia alla Procura della Repubblica. Adesso potenzieremo anche la vigilanza. Ma è difficile. Hanno già rotto i lucchetti e sono tornati dentro», allarga sconsolato le braccia Schelfi. Gli abitanti della zona hanno visto cinque o sei persone rientrare nei capannoni.
Ai cancelli adesso ci sono lucchetti ancora più grandi, di acciaio fiammante che contrasta con la decadenza che c'è tutto intorno. Addentrandosi nei meandri della grande fabbrica, si rischia di cadere nei pozzetti che ci sono ogni dieci metri. I tombini in ghisa sono stati rimossi tutti. Venduti dagli abitanti di questa città del dolore. Lo dice uno degli abitanti delle palazzine vicine: «Qui fino a pochi giorni fa c'era un continuo viavai di furgoni che caricavano ferro, ghisa, rame e tutto quello che potevano tirar fuori». E lo scheletro dell'Italcementi lo dimostra. Per terra è pieno dei resti di dischi di mole usate per segare il ferro del cemento armato. I fili elettrici sono stati strappati dalle pareti. In giro, quasi non c'è traccia di ferro. Tutto il recuperabile è stato recuperato.
Sembra impossibile, eppure tra queste mura si svolgeva una vita quasi normale. La signora Maria Luisa, che abita proprio nella palazzina che si incunea nel piazzale dell'Italcementi: «Fino a poco tempo fa c'erano anche due bambini che giocavano nel piazzale e non ho mai visto bambini più felici di quelli. Correvano e ridevano di gusto. C'era anche un bimbo di pochi mesi. la madre veniva da me a scaldare l'acqua per lavarlo. Le ho anche detto che se avesse continuato a far vivere lì quella creatura avrei chiamato i servizi sociali. Così il bimbo è scomparso».
Girando per la fabbrica si scovano delle vere e proprie abitazioni. I vecchi uffici sono stati trasformati in camere da letto. Ci sono materazzi, coperte. In un angolo una pentola con tracce di spaghetti. Fuori dalla porta una bicicletta seminuova, un pallone da calcio, perfino un tappeto. Segno che questa gente cercava di dare una parvenza di normalità a questa vita tra cemento e amianto. La copertura dei capannoni è crollata in più punti, lastre in eternit spuntano qua e là nel grande piazzale, tra un cespuglio e l'altro. Muti segnali d'allarme per i rischi che corrono sia i disperati che qui dentro vivono sia chi abita qui vicino. La gente delle palazzine intorno alla fabbrica ha più paura per questo che per la delinquenza: «Chissà cosa stiamo respirando - sospira Bruno Broch - adesso ci dicono che c'è il pericolo amianto, ma non potevano accorgersene prima?».
Nessuno, invece, si lamenta dei vicini: «Non hanno mai dato fastidio. Specie quelli di colore che sono i più bravi», dice Maria Luisa. Paola però che qualche timore lei l'aveva: «Molti dormono in auto, nel parcheggio davanti alla fabbrica. Spesso io vado a lavorare alle cinque di mattina e, a quell'ora, un po' di timore di facce sconosciute ce l'avevo. Però non mi hanno mai dato fastidio». Il sindaco Alessandro Andreatta intanto annuncia: «La demolizione può essere separata dalla bonifica e si può fare rapidamente».

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