Trento: i ragazzi del '36 richiamati a tavola

L'alpino e sosatino Sergio Filippi invita tutti i coscritti del Trentino


Luca Marognoli


TRENTO. Cinque anni fa aveva organizzato la festa dei 70 e prima ancora quella dei 60 e dei 50. All'epoca i "ragazzi del '36" censiti a Trento erano 920. Oggi il conto non lo sa più fare (colpa della privacy, che impedisce di avere pure le liste di coscritti), ma suppone che siano un po' calati... Sergio Filippi, sorriso da ragazzo e spirito da sosatino, non è però tipo da farsi scoraggiare. Anzi, torna all'attacco.
Per chiamare a raccolta i coetanei, ora 75enni, si è rivolto ancora una volta al "Trentino". Lo ha fatto per tempo: la festa è in programma per il 30 ottobre, con messa in Cristo Re e pranzo all'Everest. «Inviti non ne mando, sarebbero troppi. Funziona tutto con il tam-tam avviato dal giornale. L'unica cosa che chiedo è di dare conferma al 338-6947205. Sai perché? Ho l'abbonamento che ciapo un euro ogni 20 minuti di chiamate...», ride il pensionato. Che ha fatto anche una "pensata" goliardica delle sue per richiamare l'attenzione sull'evento: «Quando saremo vicini all'appuntamento vorrei pubblicare un annuncio di morte con la mia foto. Ecco qui il testo: "Nella ricorrenza della scomparsa del 1936, si terrà la cerimonia di commemorazione...". Già mi vedo i lettori: "Ostrega, è morto il Filippi!". Colpo d'occhio garantito».
Se non si era ancora capito, al Filippi piace la leggerezza: «La domenica alle 11.15 fanno la messa per i ragazzi e quando l'ho saputo mi s'è' mpizada subito la lampadina: per noi va benissimo... Poi il pranzo: ora che i vegna fora, i se trova "ciao-ciao" e pian pian i va all'Everest vengono le 12 e mezza». Il bello è che tutti sono invitati, da Trento e dalle valli, conosciuti o sconosciuti. Basta versare la quota di iscrizione di 45 euro sul cc PostePay numero 4023-6004-7370-4163. «Io chiamo a raccolta chi vuol venire. Cinque anni fa furono 150: una ventina da Arco, dove c'è un'associazione di coscritti presieduta da Antonella Rigatti, ma anche dalla val di Non, dalla Rendena: uno da Sant'Antonio di Mavignola». Filippi ne conosceva una cinquantina, gli altri li ha incontrati in quell'occasione: «L'onorevole Ferruccio Pisoni l'ho conosciuto alla Trentini nel mondo. E' più forte di me andare a trovare le amicizie. Sul giornalino della sua associazione avevo visto un articolo dedicato ai coscritti di Toronto e li ho contattati mandando loro le spille "Se Tanta" che avevo fatto coniare per l'occasione. Mi ha fatto piacere ricevere la loro risposta». Tra gli altri "vip" invitati, l'avvocato Paolo a Beccara, Guido Malossini, Tarcisio Andreolli e l'editore Luigi Reverdito. «Poi il vigile Pocher, gardolòto che abita a Martignan, con cui ho fatto il militare», aggiunge il nostro. All'altare padre Armando, del cimitero, anch'egli del '36, «che così ci raccomandiamo tutti a lui», strizza l'occhio Filippi. Che l'arte dell'organizzatore l'ha imparata sul campo. «Ero uno dell'angol della Sosat, che chiamavano "el canton dei furbi": per me è stata come'na scola e una seconda casa. Organizzavamo di tutto, le gite, le sciate, gli ultimi dell'anno. All'epoca si facevano anche tante spiazarolade: non c'era il palazzo della Regione e si andava lì sui muretti a mangiare le angurie comprate dal "moro"».
Alpino di lungo Corso (fu lui a ottenere la sede Ana di via Fermi), figlio di Kaiserjäger e craxiano di ferro, Filippi conosce mezza città. Non solo la gente ma anche i rioni: «Fra le attività di mio padre, che era costruttore di carri e ferrava i cavalli, e le vicende della guerra, abbiamo vissuto in tutti i quartieri. I miei fratelli sono nati in via Madruzzo, al "zimiteri" ghe ciamava, quel grop de case ora rimaste disabitate. Io invece sono nato in via Bomporto, quando mio padre aveva la bottega in via Travai. Nel 1939 si trasferì con famiglia e lavoro in via Bondone, alla partenza della funivia». Subito dopo arrivò la guerra. «Prima ci sfollarono a Lases e dopo il '45 la bottega fu trasferita in via Bronzetti, alle "case dei Boscheri", che era uno che portava in giro la sabbia per le strade. Noi invece andammo in via Fontana prima e dal 1959 in poi in via Veneto, alle "case nove"». Ma il luogo che Filippi ricorda con più affetto è l'oratorio di Santa Maria, dove convergevano tutti i ragazzi della città, attirati dalla merenda a base di pane e pasta di noccioline americane. «Sia io che i miei fratelli gravitavamo lì. Le mie sorelle invece si ritrovavano al noviziato, facevano commedia e cucito. Eravamo sette, oggi siamo rimasti in tre».

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