Tonini: «Se vince il no l’Italia resterà ingovernabile»

Il senatore Pd: «Chi vota contro la riforma vuole tenere tutto com’è». «Autonomia più forte ma non c’è un diritto di veto»


di Chiara Bert


TRENTO. «Chi vota no al referendum costituzionale non vota per una riforma migliore, ma per tenere tutto com’è oggi. Un Paese ingovernabile». Il senatore Giorgio Tonini, renziano di ferro, bolla come pretestuoso l’ultimatum della minoranza Pd («O cambia la legge elettorale o votiamo no»). E sulle garanzie per l’autonomia avverte: «L’Intesa le rafforza ma non può essere un diritto di veto».

Senatore Tonini, la minoranza del Pd ha detto ufficialmente che se non sarà cambiata la legge elettorale, voterà no al referendum sulla riforma della Costituzione. Come ne uscirà Renzi?

Comincerei con il dire che al referendum la parola ce l’hanno i cittadini, che devono sapere che l’alternativa non è tra questa riforma e l’ottimo, ma tra questa riforma e lo status quo: tenersi due Camere che fanno le stesse cose, mille parlamentari, una ripartizione delle competenze confusa tra Stato e Regioni, le Province mezze abolite e mezze no, un ente inutile come il Cnel. Io il ragionamento della minoranza Pd non lo capisco: intanto la legge elettorale non fa parte della Costituzione e non è in discussione nel referendum.

Renzi però aveva aperto a possibili modifiche...

Renzi ha detto che l’Italicum non è il Talmud e quindi si può modificare a condizione che si abbia un’idea chiara su come cambiarlo, possibilmente in meglio, e ci sia una maggioranza. Due condizioni che non ci sono perché sia il M5S che il centrodestra hanno escluso di sedersi a un tavolo prima del referendum. Quindi davvero non capisco di cosa parliamo, mi sembra un ragionare pretestuoso.

Cambiare la legge elettorale vi esporrebbe alle accuse dei 5 Stelle che cambiate per impedire loro di vincere le elezioni?

Per me l’Italicum va bene così com’è. La sua virtù principale è che garantisce un vincitore alle elezioni senza mettere in campo alleanze spurie come quella del Pd con Alfano e Verdini. Che è esattamente quello che la minoranza interna rimprovera da sempre a Renzi. Certo, un sistema che fa vincere uno non è detto che faccia vincere quello che piace a me. Ma questa è la democrazia.

Speranza (Pd) ricorda che al referendum non si vota sul governo ma sulla Costituzione e dovrà esserci libertà di coscienza. È d’accordo?

La libertà di coscienza è garantita dal voto segreto. Trovo davvero stravagante che chi ha votato questa riforma in parlamento poi voti no al referendum. Il Pd ha costruito un compromesso complesso e su questo abbiamo qualificato la nostra azione di governo. Mi sembra uno sproposito dire che al referendum una posizione vale l’altra.

E chi voterà no, come già hanno annunciato dieci parlamentari Pd?

Noi non siamo i 5 Stelle e non abbiamo mai cacciato nessuno. Dico però che le ragioni dei sostenitori del no non sono convincenti. La forzatura autoritaria della riforma non ha nessun riscontro: i poteri del premier restano quelli di oggi, non viene abolito alcun contrappeso, anzi se ne introduce uno tutt’altro che marginale, il Senato delle Regioni e dei Comuni.

In Trentino il fronte del sì sembra molto tiepido e il comitato di coalizione non si vede. Preoccupato?

Un rallentamento organizzativo è anche dettato dal probabile slittamento a novembre del referendum, poi mettere insieme partiti e società civile è sempre complesso e non mi sembra il punto decisivo. Penso che sia importante che ci siano tante iniziative sul territorio, per entrare nel merito della riforma. Come Pd le faremo, nel Patt si discute e c’è un orientamento forte per il sì.

Ma c’è anche chi non è convinto...

Kaswalder sostiene che era meglio la riforma di Berlusconi, ma gli ricordo che l’alternativa non è tra questa riforma e quella di Berlusconi. Nella Costituzione attuale non c’è nessuna Intesa, né debole né forte. La riforma Boschi rafforza le garanzie per l’autonomia, la prova è che uno degli argomenti dei sostenitori del no è che le autonomie speciali vengono potenziate anziché abolite.

Anche Dorigatti però aveva parlato di un’Intesa scritta su carta velina...

Poi è andato a Roma e si è convinto che non c’è nessun allarme. Bisogna chiarirsi che parliamo di autonomia, non di indipendenza. Il principio dell’Intesa ci rafforza ma non è un diritto di veto. L’autonomia sta dentro la Repubblica, sopra gli Statuti ci sono la Costituzione e il parlamento.

Renzi riuscirà a de-politicizzare il referendum o sarà l’occasione per le opposizioni di saldarsi e mandarlo a casa?

Gli elettori di centrodestra e del M5S che legittimamente non amano Renzi devono interrogarsi sulle conseguenze: se non passa la riforma, alle prossime elezioni non vince nessuno e non si fa nessuna riforma. Si andrà a votare con una legge proporzionale e ci terremo un sistema ingovernabile. Come la Spagna.













Scuola & Ricerca

In primo piano