Teatro Zandonai, il restauro infinito

Finita la parte di consolidamento, si lavora ai lavori su arredi e pitture


Luca Marsilli


ROVERETO. Sul pannello elettronico in corso Bettini il conto alla rovescia segna 718. I giorni che mancano per la consegna dello Zandonai. La facciata finalmente liberata dai ponteggi, le finestre al loro posto, possono far pensare ad un eccesso di prudenza. Dopo che un lavoro partito per durare un anno, forse due, va avanti da 11, sarebbe anche giustificato.

Bisogna entrare per capire che ci vorranno tutti. Ed anche per rendersi conto del perchè. Il teatro storico della città, quel gioiello che a fine Settecento le famiglie agiate di Rovereto si donarono, è un edificio che non ha nulla di normale, di standard, di semplice. Non c'è un chiodo o un incastro, tra i milioni che tengono assieme una struttura essenzialmente in legno, che si possa toccare a cuor leggero. Non c'è un decimetro di intonaco o laccatura che sia uguale agli altri. E quindi ogni colonnina, ogni fregio, vanno analizzati e studiati nella propria sedimentata particolarità. E consolidati come pretendono i materiali di cui sono composti e gli strati di colore che in due secoli si sono sovrapposti.

E questo ragionando solo degli «arredi»: i quattro ordini di palchi, i dipinti, le decorazioni. Che in realtà sono al tempo stesso fregio ed essenza del teatro, nel loro rispondere sia ad esigenze estetiche che a quelle dell'acustica di una macchina complessa e perfetta. Una specie di cassa armonica grande quanto un condominio, capace di ospitare circa 500 persone inserendole in una unico, enorme strumento musicale.

Quando nel 2002, appena inaugurato il Mart e l'auditorium Melotti, lo Zandonai fu chiuso per un «restauro conservativo», a questo si pensava: sfrattare i milioni di tarli che infestano soprattutto gli ordini di palchi più in alto, consolidare intonaci e affresco del soffitto (che si stava letteralmente sgretolando per cadere in testa a chi sedeva in platea) e risolvere quei problemi di sicurezza - impianti, strutture - che rendevano l'agibilità dell'edificio molto ardimentosa. E' di fatto il lavoro che si sta facendo adesso. Più di 10 anni, facendo la tara dei problemi burocratici e tecnici, se ne sono andati in consolidamenti strutturali prima non ipotizzati e in modifiche del teatro originario discusse per anni, e ciò malgrado forse ancor più discutibili. La torre scenica alzata e modernizzata, sconvolgendo equilibri e statica, la buca per l'orchestra.

Secondo l'amministrazione - gli assessori Manfredi e Filippi, ieri nel cantiere per un sopralluogo - i 718 giorni forse potranno bastare. Ma di sicuro ci vorranno tutti.

13 ANNI E 20 MILIONI. Se tutto va bene, ci saranno voluti 13 anni e una spesa sui 20 milioni di euro. Rispetto a una previsione iniziale, nel 2001, di 15 miliardi di lire (7,5 milioni di euro) e 3 anni di cantiere. In corso d’opera si sono aggiunti la buca per l’orchestra, che non c’era mai stata e ha costretto a «sfondare» verso le cantine, e l’innalzamento della torre scenica. E questo per poter ospitare anche l’opera e quegli spettacoli «moderni» che richiedono scenografie di grandi dimensioni. Ma sono intervenute anche nuove norme antisismiche e più generazioni di normative di sicurezza in generale. Nel 2004, prima scadenza, si ipotizzarono altri 3 anni di lavori. Nel 2007 si disse altri due. Oggi il termine è il 2014 con un costo complessivo salito a 20 milioni di euro.













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