«Sofia contagiata al Santa Chiara» 

La ministra Lorenzin: «Si esclude la trasmissione fuori dall’ospedale» L’ipotesi dell’errore. L’ira di Rossi: «Avrebbe dovuto informarci delle novità»


di Ubaldo Cordellini


TRENTO. «La piccola Sofia non è stata contagiata dalla malaria fuori dall’ospedale Santa Chiara». Le parole della ministra della sanità Beatrice Lorenzin chiariscono subito che nella tragica morte di Sofia Zago, strappata ai genitori a 4 anni dalla malaria, ancora sono di più le cose che non si sanno di quelle che si sanno. Si va per esclusione e per deduzione. Tutto è iniziato con un articolo del Corriere della Sera con indiscrezioni rimbalzate da Roma sulla perizia secondo le quali la piccola sarebbe stata contagiata dallo stesso ceppo malarico che aveva contagiato le due bambine del Burkina Faso ricoverate al reparto di pediatria del Santa Chiara negli stessi giorni di agosto in cui c’era anche lei. Indiscrezioni che hanno aperto un primo squarcio dopo due mesi di incertezza.

La ministra ha subito tagliato la testa al toro con qualche certezza forse ancora troppo prematura, ma sicuramente perentoria: «Possiamo escludere assolutamente che la malaria sia stata presa in un contesto esterno all'ospedale». Poi ha tradito un certo sollievo, sicuramente un po’ fuori luogo quando si parla della morte di una bambina di 4 anni: «Questo mi sembra un conforto perché vuol dire che non abbiamo ceppi di zanzare che sono vettori malarici. Da un certo punto di vista siamo tutti più sicuri». Alla conclusione, forse un po’ troppo frettolosa, si giunge attraverso una serie di deduzioni logiche. Ma la ministra già arriva a prevedere anche azioni nei confronti dell’ospedale Santa Chiara: «Avremo adesso il report finale dell'istituto di sanità. Sono state fatte varie ricerche su questo e possiamo escludere assolutamente che la malaria sia stata presa in un contesto esterno all'ospedale. Le autorità competenti interverranno sull'ospedale di Trento nel modo più consono e appropriato possibile».

Le parole della ministra non sono piaciute per niente al presidente della Provincia Ugo Rossi che prima l’ha cercata, inutilmente al telefono, e poi le ha scritto un lungo e infuriato sms: «C’è indagine aperta della procura e quindi ogni anticipazione e’ inutile e fuorviante. Oltretutto non risulta che nemmeno dall’Istituto Superiore di Sanità vi siano novità. Così dice anche la procura. Ho scritto alla ministra che prima di fare dichiarazioni pubbliche di cui si assume la responsabilità sarebbe stato opportuno e rispettoso magari informarci prima delle eventuali novità. Collaboreremo sempre anche in futuro, ma anticipazioni di questa natura non sono ammissibili se fatte in questo modo».

Il fatto che il ceppo sia lo stesso delle bambine autorizza a pensare che il contagio possa essere avvenuto in ospedale, ma non tramite un vettore ovvero una zanzara, anopheles o autoctona. Infatti il parassita della malaria, l’ormai famigerato plasmodium falciparum, necessita di un tempo di maturazione che va dai 12 ai 14 giorni. Questo vuol dire che il contagio potrebbe essere stato causato da uno scambio ematico. Ma oltre a questa soglia a cui si arriva con la logica, è difficile spingersi. Siamo nel terreno delle ipotesi, dove tutto è, più o meno, plausibile, ma niente è sicuro. Il Corriere della Sera si spinge a ipotizzare una procedura medica sbagliata, forse un prelievo mal eseguito durante il quale il sangue della sfortunatissima Sofia potrebbe essere stato contaminato. La piccola soffriva di diabete e qualcuno si è spinto a dire che potrebbe essere stata contagiata con un pungidito per la misurazione dell’insulina usato in maniera non corretta. Ieri il direttore generale dell’Azienda sanitaria Paolo Bordon ha subito difeso l’ospedale: «Noi abbiamo fatto eseguire un’analisi da un luminare di livello internazionale e abbiamo potuto concludere che le procedure sono state corrette solo con aghi monouso. Non sono emersi errori, a quanto sappiamo». Ma è chiaro che l’imponderabile non rientra nei protocolli. Quello che appare evidente è che le due ipotesi di contagio causato da una zanzara, anopheles o autoctona, perdono molto peso. Resta la terza ipotesi quella del contagio dovuto o a un tragico errore o a una fatalità.

Da sottolineare, però, che tutte le dichiarazioni di ieri, anche quelle della ministra Lorenzin si basano solo su indiscrezioni e documenti non ancora ufficiali. Per questo il procuratore Marco Gallina invita a non trarre conclusioni affrettate: «L’indagine è per omicidio colposo nei confronti di ignoti. Noi aspettiamo comunicazioni ufficiali, ancora non c’è nessuna relazione scritta. Tra l’altro la Procura di Trento non ha mai incaricato l’Istituto Superiore di Sanità come consulente. Io non ho dati da valutare. Quello che sta facendo l’Istituto è una procedura di tipo amministrativo e quello che sta facendo la Procura è una procedura giudiziaria, magari convergenti, auspicabilmente, ma ognuna con uno scopo diverso. Aspettiamo che arrivi una relazione nero su bianco e faremo le valutazioni del caso. La tipizzazione è un momento importante, ma non il momento finale».

La consulenza è stata affidata a docenti universitari di Verona che hanno già chiesto una proroga per consegnare la perizia scritta.













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