Silent party, la protesta viaggia in cuffia

All’Elysee musica senza amplificatori, ma il problema rimane. Tutte le proposte dei gestori dei locali: «La città resti viva»


di Valentina Zeni


TRENTO. Primo “silent party” l’altra sera all’Elysee Discoclub”: dalla mezzanotte sono stati spenti gli amplificatori, ma la musica, diffusa tramite cuffie wi-fi, ha permesso di continuare la serata, ovviando al problema del disturbo del vicinato. La scelta non vuole essere una soluzione definitiva: Franco Remoli, il titolare, ha già in programma l’acquisizione di una nuova location in periferia, raggiungibile tramite bus navetta gratuiti. Nonostante qualche disguido con le carte d’identità, necessarie per il ritiro degli auricolari, la serata ha avuto un discreto successo.

Quello della movida è principalmente un problema di convivenza intergenerazionale: da un lato i ragazzi, che rivendicano il loro diritto al divertimento, e dall’altro gli abitanti del centro storico, che vorrebbero il silenzio, o quasi. Al bar “Accademia” la divisione è palpabile: gli inquilini del condominio antistante hanno edificato una cancellata per separare i due cortili. Rogelio Guerra, il titolare, lo chiama “Muro di Berlino” e lo vede come l’emblema del modo in cui Trento pensa di risolvere la questione, cioè con l’isolamento. Le soluzioni, da parte sua, sono concrete: una notte bianca al mese, affitti ridotti per gli appartamenti adiacenti ai locali e una campagna di sensibilizzazione a tutto tondo. Dovrebbe responsabilizzare avventori e gestori, tenuti a limitare il più possibile il disturbo, ma anche i residenti, a volte poco concilianti.

La “ghettizzazione” non è sufficiente ad archiviare la questione e la creazione del polo universitario non ha reso Trento una città adatta ai giovani. Su questo punto concordano anche Alessandro Valentini, titolare del “Suite Café”, e Nicola Malossini, gestore di diversi locali ed ex presidente della Fiepet del Trentino. Il primo propone di costruire una discoteca nell’ex area Italcementi e il secondo di introdurre normative che regolino l’apertura dei nuovi esercizi. In questo modo, si eviterebbe la chiusura di alcune attività, come successo con “La Cantinota”. Mauro Ioniez, titolare di quest’ultima, si dichiara disposto ad adottare tutte le misure necessarie al proseguimento dell’attività. La soluzione individuata da Giuliano Bosisio, gestore del wine-bar “Il simposio”, è quella di diversificare l’offerta, dislocando la movida tra i vari locali della città, secondo il modello delle capitali europee. Per lui non è solo un problema di vita notturna: prima della crisi non erano solo i ragazzi ad uscire, mentre oggi l’età media si è abbassata e con essa le possibilità economiche. Spesso i ragazzi arrivano nei locali dopo aver già bevuto e, complice l’alcol, assumono atteggiamenti maleducati, difficili da controllare.

Il problema di fondo, a detta di Marco Parolin, barista del “Caffè Verdi” è radicato nella mentalità trentina: i residenti non sono disposti a scendere a patti. Per lui, la soluzione sarebbe quella di cercare luoghi di aggregazione diversi dai bar e dal Cso Bruno, che non dovrebbero diventare un’alternativa a quello che il Comune sembra non essere in grado di offrire. Alcuni ragazzi, però, un’opzione diversa l’hanno trovata nell’iniziativa “I know a place”. Tra loro Massimo Fontanari, membro della band Rebel Rootz, che ha scelto di unirsi al collettivo di musicisti che vuole portare musica live per le strade del centro. A quanto pare dunque le proposte ci sono: ora non resta che affidarsi a quelli che il nostro quotidiano ha chiamato “stati generali della movida”.

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