«Servono i 30 all’ora in tutta la città»

L’obiettivo del sindaco è cambiare la mentalità: «Ognuno dovrà muoversi e sentirsi come nel cortile di casa propria»


di Luca Marsilli


ROVERETO. «E’ la terza tragedia in città a cui assisto da sindaco. Mi piacerebbe dire che stiamo lavorando perché non ce ne siano più, ma un margine di rischio, di possibilità fatale di errore, rimane sempre. Quello che posso dire è che stiamo costruendo una città in cui tutto il possibile per evitarle sia stato fatto. Una città in cui tutti, automobilisti, ciclisti e pedoni, si sentano sicuri».

Il sindaco Andrea Miorandi dal dramma di Cristina Pedri si sente colpito in prima persona. Ma prova a guardare oltre: «qualcosa abbiamo fatto, ma non ancora abbastanza. Nei prossimi anni faremo il resto».

Cosa di può fare?

Molto, e senza inventare nulla: basta guardare alle città europee. C’è un modo solo per mettere in sicurezza la città, ed è porre le basi per un cambio di mentalità collettiva. Non bastano nè i controlli nè i divieti. Dobbiamo mettere in atto interventi che spingano anche inconsciamente a comportamenti più sicuri.

Vuol dire rendere fisicamente impossibili comportamenti pericolosi per sè o per gli altri?

No, vuol dire rendere naturale non compierli. Con uno slogan che mi piace, dobbiamo far sentire chiunque giri per la città come se si stesse muovendo nel cortile di casa propria. Dove possono esserci bambini che giocano, distratti che attraversano, giocattoli per terra. Nessuno ha bisogno di limiti di velocità e vigili per muoversi con la massima cautela nel proprio cortile: viene naturale. La città che vorrei da qui a 5 o 10 anni è tutta così.

Come si fa?

I 30 all’ora sono un primo passo. Ci stiamo arrivando. E’ la stessa direzione in cui va l’Europa e si sta lavorando per introdurre il concetto anche nel codice della strada: 30 all’ora in tutti i centri abitati. Con le sole strade di scorrimento ai 50. Rovesciando il rapporto tra regola ed eccezione.

L’obiezione è che i limiti, possono essere ignorati.

E infatti non bastano. Le condizioni delle strade devono essere tali da rendere anche inconsciamente naturale rispettarli. Per esempio, le strade dritte, con parcheggi in linea, sono un errore: spingono a correre. Restringere le carreggiate, alternare la sosta sui due lati della strada, creare barriere anche fisiche, come i dossi con i passaggi pedonali, dà la percezione di muoversi in città e tra le persone, non su una autostrada. Abbiamo un forte ritardo strutturale su questo a Rovereto, ma ci lavoreremo sodo.

Il concetto di isole ambientali.

Non solo, ma sì. Escluse le poche strade di scorrimento, i rioni dovranno essere a misura d’uomo. A vantaggio della sicurezza e e della qualità della vita di tutti. Quest’anno lo faremo a Marco. Ma nei prossimi anni anche in tutte le altre zone.

Quali sono le vie e zone che vedete come più delicate?

Statisticamente, l’asse più pericoloso è proprio quello di via Baratieri, via Paoli, via Fontana e via Dante. Per la commistione forte tra auto, bici e pedoni. Ma non solo. Tutte le vie dritte di penetrazione in città vanno riviste: via Pasubio, viale Vittoria, via Maioliche, viale Trento. Restringere le carreggiate e “muovere” il profilo della strada. Un po’ come fatto con la statale a Lizzana. Passaggi pedonali rialzati e illuminati. E togliere dalla città il traffico parassitario. Anche con i parcheggi di attestamento: chi guida cercando una piazzola è inevitabilmente distratto. Sono tutti tasselli di un insieme: la città “europea” che spero di riuscire a realizzare».













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