«Senza ampliamento ce ne andiamo»

Sartori Legno critica con il Comune di Fondo che nega l’ampliamento dell’area artigianale: «Pensino ai 35 posti di lavoro»


di Giacomo Eccher


FONDO. «Non ci sono spazi per l'artigianato, e il consiglio comunale ha accettato supinamente il diktat della commissione urbanistica che ha imposto lo stralcio dell'ampliamento dell'area artigianale perché disturba il vicino colle Santa Lucia, l'unico sbocco possibile per un'area ora completamente satura». A dirlo è Luigi Sartori, presidente dell'associazione artigiani della valle di Non e titolare della Sartori Legno, una delle più importanti aziende del paese con 35 dipendenti diretti e quasi il doppio nell'indotto tra squadre di taglio ed esbosco e trasporti.

Da tempo la Sartori Legno cerca di ampliarsi e la variante urbanistica cassata, era l'ultima speranza, attesa da anni. «Siamo stretti in una morsa che non ci dà prospettive: dobbiamo lavorare in altezza, con le cataste che sono più alte che lunghe, e nel sottosuolo, dove sto costruendo (400.000 euro d'investimento) una rimessa per le auto dei dipendenti che sulla strada non sono tollerate. In questo modo i costi lievitano a dismisura e rischiamo di andare fuori mercato. Mi chiedo chi me lo fa fare di rimanere a Fondo», si sfoga. La protesta con il sindaco Remo Bonadiman è andata a vuoto, di ampliamenti dell'area produttiva non se ne parla più. «Il sindaco mi ha risposto che la morfologia del Comune è questa, spazi per grandi aziende non ce ne sono: quasi come un invito a lasciar perdere e restare piccolo. La mia impressione è che questa amministrazione non abbia idea di cosa significano posti di lavoro», afferma Sartori.

L'azienda, che produce imballaggi, ha chiuso l'ultimo bilancio con un fatturato di 13 milioni di euro, più 10% rispetto l'anno precedente. «Sono 2 milioni di Iva che al 90% rimangono nelle casse della Provincia, e 25.000 euro la prima rata Imu versata al Comune. L'economia reale è questa, quando decidono dovrebbero tenerne conto: la gente non vive di aria», afferma. Le occasioni per andarsene da Fondo non gli mancherebbero. «Mi hanno offerto proprio ieri un capannone ad Agrate Brianza, a pochi metri dal casello autostradale alle porte di Milano dove vanno gran parte dei nostri prodotti. Lo stesso in Piemonte e a Verona. Mi piace stare qui, ma non ci resisterò in eterno». La motivazione dello stralcio dell'area non lo convincono. «Non siamo un cementificio, non disturbiamo nessuno, e le processioni che fanno 2 volte all'anno possono continuare a farle. Ma per noi quello spazio è vitale».

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