Scalfi attendista Robol: io in corsa

I delegati del coordinatore di Trento decisivi al ballottaggio Giulia: «Vanni e io vicini per l’idea che abbiamo del partito»


di Chiara Bert


TRENTO. Con il suo 30% di voti e i suoi delegati in assemblea, Vanni Scalfi sarà decisivo nel ballottaggio tra Elisa Filippi e Giulia Robol per la segreteria del Pd. «Siamo una squadra che ha fatto un percorso insieme e insieme discuteremo e decideremo», annuncia il coordinatore cittadino del Pd di Trento. E mette in chiaro: «Nessun patto e nessun orientamento già preso, nessuna trattativa spartitoria soprattutto. Noi siamo disponibili a decidere in modo trasparente partendo dalle cose da fare e non dalle persone». Il rinnovamento del Pd, avverte Scalfi, dovrà partire anche da qui, dal metodo: «C’è un ballottaggio tra la prima e la seconda, ora è il tempo delle scelte politiche. Aspetto che Giulia e Elisa mi spieghino cosa vogliono fare e con chi. In realtà ho già un’idea abbastanza chiara di cosa ha in mente Giulia, ed è abbastanza diversa da quello che ho in mente io, mentre non ho capito bene l’idea di Elisa». Diversa in cosa, l’idea di Robol? «Per esempio sulle Comunità di valle, o sull’idea di un suo grande sostenitore, Gigi Olivieri, sull’idea di fondersi con l’Upt».

E per Scalfi «la differenza la faranno le persone che Elisa e Giulia proporranno per i ruoli chiave del partito e i margini di autonomia che sapranno ritagliarsi rispetto ai loro big di riferimento». Un punto questo su cui Scalfi ha più volte battuto in campagna elettorale, criticando l’appoggio della vecchia guardia del partito alle sue due sfidanti, Pinter, Olivieri, Nicoletti, Tonini.

Se Scalfi aspetta prima di schierarsi, Giulia Robol, arrivata seconda con 2462 voti (il 32,25%), si mostra più che mai battagliera e non dà affatto per scontata l’elezione a segretaria della prima classificata, Elisa Filippi. «Da queste primarie non sono usciti vincitori. Si andrà al ballottaggio tra me e Elisa, perché così dice il regolamento, ma anche Vanni sarebbe pienamente legittimato a essere in corsa, perché siamo sostanzialmente tutti lì». E quindi - aggiunge Robol - non ci sarebbe nessun sovvertimento del voto se alla fine il segretario eletto in assemblea non fosse Elisa Filippi». «E cosa sovverti? - incalza l’assessora roveretana della giunta Miorandi - qui parliamo di un delegato in più o in meno in assemblea. Altra cosa sarebbe se il primo arrivato avesse raggiunto il 40% e il secondo fosse staccato di 20 punti, ma non è così». Partita tutt’altro che chiusa dunque, quella per la segretaria provinciale. «Ci sono tre candidati sostanzialmente alla pari, ora è necessario che si apra un confronto su un progetto politico più che sui nomi - insiste Robol - questa non è una competizione tra me e Filippi, ma su cosa vogliamo far diventare il Pd. Non è vero che pensiamo tutti più o meno le stesse cose». E quindi? «Vanni e io siamo più vicini sull’idea di partito, un Pd più solido fondato sulla disciplina e su regole di gioco di squadra. A lui riconosco anche un’autonomia di giudizio maggiore dal suo riferimento nazionale, Civati, rispetto a quella di Elisa che appoggia Renzi a prescindere da cosa fa». Proprio Elisa Filippi ieri si è presa una «giornata di riflessione» come l’ha definita. Ma sul risultato ribadisce quanto detto a caldo domenica sera: «Rivendico il mio risultato e credo che nessuno possa prescindere da questo. Anche perché - rimarca - il mio, a differenza di Robol, è un consenso provinciale molto omogeneo».

Per tutti e tre i candidati resta la riflessione sul brutto risultato dell’affluenza: 7717 votanti, un terzo dei partecipanti abituali. «La scarsa partecipazione mette in discussione un po’ l’intera operazione - osserva Robol - ti chiedi questo grande sforzo organizzativo a cosa porti, se invece di avvicinare le persone alla politica non rischi di allontanarle. Lo scandalo dei vitalizi ha certo pesato ma penso che dobbiamo riflettere soprattutto sul fatto di aver abusato dello strumento delle primarie». E Scalfi: «Abbiamo due strade: dire che abbiamo vinto tutti, all’italiana, oppure essere più seri e dire che ha perso il Pd».

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